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Sleep di Jason Yu: recensione

Sleep, film amato da Bong Joon-ho come uno dei migliori debutti del cinema coreano degli ultimi anni e diretto da Jason Yu è una geniale rilettura dei codici del K-Horror, allestita per raccontare gli abissi della famiglia nucleare. Presentato in anteprima alla Semaine de la Critique Cannense del 2023, Il film è stato proposto come proiezione notturna durante il Korean Day del ventunesimo Asian Film Festival diretto da Antonio Termenini, in programma fino al 17 aprile al Cinema Farnese Arthouse di Roma. La recensione

L’apprendistato di Jason Yu come assistente alla regia per Bong Joon-ho e Jang Cheol-soo, ha sicuramente contribuito al risultato di Sleep in termini di solidità e capacità di giocare con segni e tracce del cinema di genere. Il film è uno dei debutti più interessanti tra le recenti produzioni coreane, proprio in virtù di un controllo specifico dei mezzi in gioco, che ha consentito al giovane regista di compiere una vera e propria deterritorializzazione delle aspettative inerenti il K-Horror.
In un contesto sicuramente ricco e sottoposto a continue impollinazioni tra diversi mondi drammaturgici, il cui rischio è quello di finire sin troppo spesso nella secca stucchevole del melodramma, Jason Yu sfrutta quest’ultimo elemento come punto di partenza per un racconto sull’unità di una coppia, tanto da eroderne a poco a poco tutti gli aspetti a favore di una disamina inquietante e durissima del modello relazionale.
La commedia diventa allora l’elemento disgiuntivo tra la componente fantastica e quella del melò, perché consente un distanziamento critico formidabile dai due toni possibili dell’intreccio.

La forza situazionale è quindi un guado tra il sogno e l’incubo, la costruzione di un amore e la sua distruzione, capace di restituire una forte libertà interpretativa allo spettatore, oltre la connotazione specifica che il racconto sembra assumere di volta in volta.
Il punto non è quindi disinnescare l’horror o il dramma famigliare, quanto caricarne tutte le strategie di una tensione diversa, maggiormente legata alle paure dell’inconscio e al ménage quotidiano di una coppia, puntando sulle qualità anarchiche e soverchianti dell’assurdo.

Jason Yu rimette insieme Yu-mi e Lee Sun-kyun dopo un lungo iato collaborativo e consente al secondo di offrire una delle sue ultime notevoli prove, prima della tragica morte avvenuta nel dicembre del 2023.

Nel film interpreta proprio un attore, ma relegato a coprire ruoli di secondo piano con al massimo un paio di battute. I primi disturbi della sfera legata al sonno si manifestano con una frase, pronunciata a bordo letto in stato sonnambolico: “Qualcuno è all’interno“.
La moglie in dolce attesa è l’unica testimone del fenomeno ed è da quel momento che azzarda una serie di possibili interpretazioni sul significato di quell’incorporazione.

Quando l’attività notturna del marito includerà azioni e sconfinamenti pericolosi per la sua e l’altrui incolumità, Yu introdurrà una serie di elementi perturbanti, tutti centripeti rispetto all’arrivo della prole, quasi per alludere, senza indicazioni esplicite, che le possibili inquietudini dell’uomo siano in qualche modo legate ad un evento così pregno di senso e allo stesso tempo destabilizzante per l’equilibrio psichico personale.

Hyun-su, il personaggio interpretato da Lee Sun-kyun, esercita improvvisamente forme psicotiche estreme esperite durante i fenomeni di parasonnia, quasi fossero un’assunzione di quelle soggettività antitetiche che possono attraversare l’esperienza della maternità e che includono anche sentimenti di rifiuto. Mentre Soo-jin, la moglie, sembra rappresentare il lato solido della coppia, facendo fede ad uno statement appeso in soggiorno che ripete il mantra dell’avventura coniugale contro tutte le avversità, è il corpo di Hyun-su a diventare l’esplicita rappresentazione di quel lato oscuro che caratterizza l’abiezione come violenta e “oscura rivolta dell’essere“, dove l’attesa di un figlio può rappresentare per la madre uno spazio di confine tra identità e separazione.

Il rovesciamento che Yu compie, assegnando alla figura paterna le possibilità di un rifiuto perturbante è tutt’altro che banale e consente di indirizzare diversamente l’origine della soggettiva tra le paure condivise di entrambi i protagonisti. Quel “qualcuno è all’interno” diventa allora un male oscuro, ma anche l’influenza di un figlio non ancora nato, la possibilità di crollare di fronte alle incertezze del futuro, lo specchio dei desideri di una madre nel corpo del padre.
La casa diventa allora uno spazio già pieno di pericoli in forma predittiva, perché i disturbi del sonno possono rivelare, come nell’esperienza onirica, il potenziale distruttivo insito nel quotidiano.
Yu riesce a strappare più di una risata, per i tempi e il rimario scelti, dove all’effetto sorpresa che genera facili spaventi, viene sostituita una costruzione della tensione che si basa sulle aspettative della coppia.

Ciò che potrebbe accadere già lo immaginiamo dai gesti atroci che Hyun-su compie durante le fasi di sonnambulismo, un’attesa che carica di senso negativo qualsiasi gesto legato alla quotidianità.
Il rischio che questa dimensione si indebolisca è quando viene introdotto l’elemento soprannaturale della possessione. Ma quella del depotenziamento è una trappola in cui Yu non cade, mantenendo un altissimo livello di ambiguità e declinando con modalità critiche un topos ricorrente come quello del dissidio tra scienza e spiritismo, presente anche nella tradizione storico-cinematografica del cinema di genere coreano.

I riferimenti, incluse le citazioni più esplicite che capitalizzano l’immaginario del cinema occidentale, tra cui la nota sequenza d’apertura di Shining, sono fugaci apparizioni che servono per disattendere il gioco cinefilo fine a se stesso. Tutto casomai contribuisce a definire uno spazio di incertezza dove gli elementi di genere significano sempre altro.
Non è un caso, mi sembra, che la messa in scena dell’esorcismo, venga marginalizzata come una possibile agnizione della follia montante di Soo-jin e del suo legame delirante e ostinato con le tradizioni. Ciò che in qualsiasi horror avrebbe potuto rappresentare il climax spettacolare, diventa una diapositiva, l’immagine statica e proiettata di uno stato di follia, che si consuma tutto all’interno della casa, ormai trasformata, per luci e decor, in un luogo della psiche.

Jason Yu dimostra allora una capacità notevole per un’opera prima, quella di saper combinare i segni più evidenti e abusati di un genere, per compiere un’esplorazione del tedium vitae che minaccia anche lo spazio dell’idillio, senza dirci moralisticamente chi e cosa sia il vettore principale del dolore e della follia nella condivisione di un luogo d’amore.

Sleep di Jason Yu (Corea del Sud 2023, 95 min)
Sceneggiatura: Jason Yu
Musiche: Chang Hyuk-jin, Chang Yong-jin
Interpreti: Lee Sun-kyun, Jung Yu-mi, Kim Gook- hee, Yoon Kyung-ho
Produzione: Lewis Pictures

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
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Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
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