domenica, Novembre 17, 2024

Spice Boyz di Vladimir Zinkevich -recensione

Spice Boyz", opera prima di Vladimir Zinkevich, racconta la gioventù bielorussa pericolosamente senza limiti, tra droghe e assenza di riferimenti

Spice Boyz, il film di Vladimir Zinkevich

Spice Boyz è il film del regista bielorusso Vladimir Zinkevich che racconta la gioventù del suo paese persa tra droghe e beni di lusso. La “Spice” del titolo è una delle droghe sintetiche più letali tra quelle diffuse in Russia. La storia ruota intorno a Vasilisa mentre torna nella città natale per il matrimonio della compagna di scuola Inna. Lo sposo di Inna, “Chistiy”, con i suoi due amici “Lambada” e “Kolbasa” organizza un addio al celibato non pianificato alla vigilia del matrimonio. Inna e Vasilisa si presentano alla festa senza preavviso, ma i festeggiamenti volgeranno verso un tragico epilogo.

La Bielorussia delle droghe

In Bielorussia, nella ferocissima guerra alla droga che non consente più di distinguere i “buoni” dai “cattivi”, la Spice ha assunto un ruolo centrale. Tra gli stupefacenti più consumati nel territorio a partire dall’inizio del precedente decennio, ha velocemente polarizzato l’asse del dibattito sulla necessità di aumentare le misure repressive contro il traffico, in una direzione violentemente proibizionista. Scelta che ha peggiorato le cose, inasprendo le pene anche per il semplice possesso di marijuana e imprigionando migliaia di giovani con accuse per detenzione di sostanze stupefacenti, senza evidenza della prova. Un attivista come  Peter Markelov, impegnato insieme ad altri nella battaglia per la legalizzazione della cannabis, sostiene che le stesse autorità siano coinvolte nel traffico di droga e che gli abusi di potere siano all’ordine del giorno, mascherati da una politica moralizzatrice concentrata sugli effetti dannosi di sostanze letali come “Spice”, senza che siano valutate le cause che hanno portato ad una diffusione così capillare. 


Dalla cronaca a Spice Boyz, l’elaborazione della realtà di Vladimir Zinkevich

Vladimir Zinkevich, regista Bielorusso al suo primo lungometraggio, si è ispirato ad un fatto di cronaca del 2014 avvenuto a Gomel, una città vicina al confine ucraino. Due amici rispettivamente di 23 e 29 anni, dopo aver fumato Spice insieme ad un terzo di 21, gli hanno cavato gli occhi in uno stato di incoscienza. Crimine che gli è costato l’incarcerazione in una prigione di massima sicurezza per undici e quindici anni. Nel mix tra erbe essiccate e sostanze sintetiche, “Spice” non è facilmente distinguibile dalla marijuana come aspetto, ma è una droga modificata in laboratorio che lega con i recettori del THC in modo esponenzialmente più forte. Effetti e conseguenze sull’organismo sono imprevedibili, anche per il modo del tutto empirico con cui viene elaborata. Sono numerosi gli episodi di suicidio, psicosi, arresto cardiaco, stati allucinatori pericolosi, aggressività e incapacità di distinguere i limiti tra visione psichica e realtà, tanto da scatenare nei soggetti che l’hanno assunta, forme di violenza estrema come nei fatti di Gomel. 

Zinkevich si è servito di tutti questi elementi per concentrare in una serata d’addio al celibato un’esplosiva fantasia gore dalle conseguenze tragiche. 
Dipinge quindi una Bielorussia dai colori pop saturatissimi, dove la distinzione tra contesto mafioso e nuova borghesia è totalmente compenetrata. Genitori assenti e una gioventù che sintetizza i valori dell’Unione Europea in una bottiglia di vino rosso italiano e in un paio di scarpe decollete provenienti da Parigi. 

I beni di consumo sono al centro del film di Zinkevich, inclusa la villa dove sarà allestito il massacro, piccolo resort privato, ricco di benefit e di una cambusa con prelibatezze gastronomiche provenienti da tutto il mondo. Cornice dorata e sfarzosa che colloca i giovani della società Bielorussa al centro di un parco giochi dove non è necessario conquistarsi niente.
Senza la necessità di delineare una contestualizzazione politica precisa, l’incipit che si riferisce al breve episodio dedicato ai due militari imposta toni e intenzioni di “Spice Boyz”. Mentre il dolly scende da un grande cartellone pubblicitario che sessualizza il consumo di Junk Food, i due stanno discutendo davanti ai loro hot-dog, in un’evidente parodia della mascolinità che sembra il fulcro di tutto il film.

Zinkevich, scivolando verso la commedia psicotropa dai toni forti, per preparare una mattanza che di fatto colpirà principalmente donne e portatori di handicap, racconta con un tono delirante, volutamente sopra le righe, il sistema patriarcale e maschilista incarnato dalla politica di Alexander Lukashenko.

Inna e Vasilisa sembrano incarnare due modelli opposti. La prima proiettata verso desideri basici, come il sogno di sposare un maschio forte, la seconda apolide e abituata a viaggiare, sospettosa verso tutti i codici e i rituali che collocano le donne in una posizione marginale.

Se la rappresentazione di queste opposte percezioni assolve una funzione narrativamente schematica, “Spice Boyz” smargina i risultati puntando all’orrore e alla violenza più cruda, declinata con i modi e i tempi dello slapstick, scelta che gli consente di coreografare ruoli e generi in forma dinamica. Un ghigno disturbante che assorbe alcuni elementi del cinema horror degli ultimi quarant’anni, tra cui l’idea della casa e dei suoi elementi, come brodo di coltura principale da cui scaturisce la violenza.

In fondo l’addio al celibato improvvisamente disinnescato da Inna e Vasilisa, si trasforma nel fallimento totale di un momento di condivisione, dove lo sballo è un affare per uomini e le donne rimangono in cucina a giocare a carte, poco prima d’esser fatte a pezzi.

Sorprende si sia parlato di “cautionary tale”, perché se tutto si riducesse ad un raccontino morale sviluppato con l’intenzione dell’ammonimento dall’uso di sostanze stupefacenti, dovremmo ritenere Zinkevich incapace di raccontare l’annichilimento di un paese che ha abbandonato i giovani privandoli del futuro e uccidendoli anche con la lotta alle droghe.

Nel bizzarro balletto violento di Zinkevich non mancano le scelte furbissime, la tentazione di fare un cinema “aumentato” alla Danny Boyle e più in generale, di marcare stilisticamente ritmo, immagine e colore, con forme pulp più abusate. Arriva il gore a salvarci dalla forma, con la sua forza distruttiva e combinatoria, come allegoria non detta di un regime che ha determinato una dimensione sociale e antropologica.

Nella breve presentazione che il regista bielorusso ha dedicato al Ravenna Nightmare Festival, lo si vede salutare il pubblico italiano, mentre bracca e termina con un fucile un giovane zombie, senza alcuna esitazione. Un giochino gore per gli amanti del genere, oppure nel riferirsi forse a quella che viene anche chiamata “la droga degli zombie”, la volontà di assumere, romerianamente, il punto di vista dei carnefici che hanno allestito uno dei più brutali stati di polizia della contemporaneità.

Spice Boyz – Russia 2020

Regia: Vladimir Zinkevich

Interpreti: Margarita Broskina, Alexey Masloduvov, Alexander Golovin, Anna Adrusenko, Vladimir Sychev, Marina Poddubnaya, Alexander Tarasov, Vladimir Averyanov, Ananda Dubovskaya, Michael Gorevoy, Alexandra Dubovskaya

Vasilisa torna nella sua città natale per il matrimonio della sua compagna di scuola Inna. Lo sposo di Inna, “Chistiy”, con i suoi due amici “Lambada” e “Kolbasa” organizza un addio al celibato non pianificato alla vigilia del matrimonio. Inna e Vasilisa si presentano alla festa senza preavviso. Il massacro è dietro l’angolo. Basato su eventi reali avvenuti nel 2014 nella città di Gomel, in Bielorussia.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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