Il produttore Volodymyr Yatsenko, presidente della FIAU, la Film association industry dell’Ucraina, durante i recenti incontri Eurimages ha raccontato alla stampa che il 26 febbraio sarebbe tornato a Kiev per combattere. Dopo aver lasciato la città assicurando sicurezza ai figli e alla moglie incinta, ha deciso di tornare indietro. Al quotidiano Screen Daily ha dichiarato: “La Russia non si fermerà in Ucraina. I prossimi saranno la Polonia e i paesi baltici […] ciò di cui abbiamo bisogno dall’Europa è l’aiuto con le armi letali […] Dal nostro punto di vista è come se l’Europa non fosse coinvolta. Ci dicono, sentite condoglianze, ma sono solo cazzate. Se vuoi aiutarci, contribuisci con qualcosa che possa proteggerci“
Yatsenko non ha esperienza con le armi, ma non ha altra scelta che imbracciarle: “Per strada danno Kalashnikov a chiunque voglia difendere il paese“. La FIAU tutta è mobilitata, anche con lo strumento della documentazione, cortometraggi e documentari che cercano di raccontare l’invasione russa. Sergei Loznitsa, autore di Austerlitz, Anime nella Nebbia, Sobytie e di altri capolavori, ha confermato il racconto di Yatsenko: “le autorità ucraine stanno distribuendo armi a chiunque intenda partecipare alla difesa territoriale. Chiunque lo desideri, può essere armato“.
Da parte russa, l’unione dei cineasti e di tutte le organizzazioni cinematografiche nota come KinoSoyuz, ha chiesto a gran voce la fine dell’invasione, ma in generale c’è un silenzio assordante. Del resto, la violenta e decisa censura di Roskomnadzor, il servizio federale che supervisiona l’informazione, ha reso noto che solo le informazioni ufficiali russe, possono essere considerate corrette. L’unico vento di libertà arriva dal collettivo Anonymous, che alcune ore fa ha hackerato i siti dell’emittente Rt news, del Cremlino, del Ministero della Difesa, Della Duma e del governo russo, affinché i cittadini russi possano “essere liberi dalla macchina censoria di Putin“.
La testata Cineuropa ha recentemente pubblicato le dichiarazioni dei professionisti della cinematografia ucraina. Tra questi i registi Oleh Sentsov, Valentyn Vasyanovych e Nariman Aliev, le registe Maryna Er Gorbach, Nataliia Vorozhbyt, Iryna Tsilyk, Anna Machukh. “Ecco il vero volto del fascismo russo – scrive Iryna Tsilyk, regista di The Earth Is Blue as an Orange – Il dittatore ha avviato un’invasione su vasta scala. Molte persone a Kiev, Dnipro, Kharkiv, Odesa e in altre città, si sono svegliate al rumore delle esplosioni […] L’Ucraina resisterà. Credo che questo sia l’inizio della fine di Putin e dell’impero russo […] Ma abbiamo bisogno di tutto il supporto possibile da parte del mondo civile. Il neo-Führer russo ha ingaggiato una guerra non solo contro l’Ucraina, ma contro l’intera Europa e tutto il mondo occidentale […] Abbiamo bisogno anche di supporto informativo, perché Putin ha costruito un regno di falsi specchi […] dobbiamo, tutti, resistere alla propaganda russa […] non si può guardare in silenzio il leviatano mentre cerca di divorare l’Ucraina. Il tuo paese potrebbe essere il prossimo nel mirino.”
Nel frattempo Yevhen Lavrenchuk, il regista Ucraino arrestato in Italia il 17 dicembre scorso in seguito ad un ordine della magistratura russa che lo accusava di presunta appropriazione indebita commessa quando dirigeva il teatro polacco a Mosca, è finito ai domiciliari dopo 34 giorni di cella. L’ottava Corte di Appello di Napoli è in attesa di decidere sulla richiesta di estradizione voluta da Mosca. In realtà, Lavrenchuk ha lasciato il paese nel 2014, proprio dopo l’invasione dell’Ucraina e per non aver assunto posizioni favorevoli. Perseguitato in Russia dall’organo consuntivo della città di Tonsk per “la propaganda omossessuale” contenuta nei suoi spettacoli è nel mirino della magistratura per ragioni politiche. La FIDU, Federazione Italiana Diritti Umani, lo conferma dichiarando inammissibile l’estradizione. Il diritto internazionale la proibisce in caso di persecuzione politica. Nel caso di Levrenchuck, la natura politica della richiesta di estradizione è chiarissima per l’abuso che è stato fatto della Red Notice, strumento sovente utilizzato da Cina e Russia contro i dissidenti e che da tempo rende urgente una riforma dell’Interpol.
( Foto dell’articolo – di Katie Godowski dall’archivio libero di Pexels )