Matt Reeves è uno dei pochi autori statunitensi capaci di confrontarsi con franchisee di grande popolarità, senza tradire il proprio universo creativo. Dopo Il Pianeta delle Scimmie, The Batman affronta una sfida più complessa, che non si limita a ridefinire la relazione con le estensioni narrative DC Comics, ma riesce a far confluire influenze stratificate che procedono dall’evoluzione del personaggio, già ricodificata in modo irreversibile dal genio di Frank Miller, per elaborare un metaverso in grado di sfruttare quelle e altre intuizioni, conducendole in una terra di mezzo.
La fusione tra fumetto, narrativa hard boiled e rimediazione progressiva dei tratti espressionisti della metropoli secondo nuove coordinate digitali, risultava del tutto arenata nel sequel di Sin City firmato da Miller/Rodriguez. Reeves al contrario, recupera le intuizioni primigenie che animavano l’arte milleriana su carta e pur spingendo sulla dimensione chiaroscurale in termini apparentemente più classici, supera il rischio di un’adesione formale troppo stretta, elaborando una nuova epica colossale che tenga conto di tutte le narrazioni transmediali che il personaggio di Batman ha incorporato durante decenni di trasformazioni estetiche, mitopoietiche e narrative.
Uno degli aspetti su cui Reeves punta, al di là del recupero di alcune istanze, anche illuminotecniche o semplicemente legate alle scelte cromatiche che si riferiscono a certo cinema degli anni novanta, è la definizione dei personaggi come figure del limite.
The Batman incarna una complessità maggiore e si muove sul bordo, anche dello stesso concetto di patto sociale. La sua posizione è aliena rispetto al mondo del crimine, a quella della legge, ma anche nei confronti della comunità a cui si riferisce. L’attenzione di Reeves per gli outsiders subisce quindi una vera e propria disseminazione, tanto da scardinare gli ultimi residui di quell’opposizione tra villain ed eroe che aveva confinato i cattivi di Batman una dimensione narrativa immutabile. L’Enigmista interpretato da Paul Dano è accomunato da una pulsione rivoluzionaria simile a quella del Joker di Todd Phillips, con cui condivide il milieu, la provenienza e si distingue per un maggiore e più programmatico disinnesco del potere. Il Batman di Robert Pattinson si distingue allora da L’Enigmista per le modalità con cui elabora un trauma simile, conducendo la propria apparenza fuori dal cono d’ombra che lo perseguita. Un’ontologia che non è solo iconologica, ma anche interiore e che Reeves rappresenta con la forma di una lotta dinamica tra luce e oscurità niente affatto binaria.
Sono le stesse circostanze tragiche che spingono per esempio Clover a incarnare una forza completamente distruttiva in Cloverfield e che consentono da sempre al regista americano di costruire una drammaturgia di altissimo livello sulle ragioni del male e del potere, attraverso lo sguardo puntato sugli esclusi e la loro differente relazione con l’idea di mondo.
Che la durata estesa del film sia una modalità per creare possibili gemmazioni, in linea con la dimensione immersiva e aumentata delle nuove narrazioni è confermato dallo stesso Reeves che respinge al mittente alcune critiche. Al di là dei possibili spin off seriali veicolati da HBO Max, è l’immersività come condizione percettiva che ci interessa. Questa la si percepisce maggiormente come una qualità ricercata nella descrizione dell’esperienza urbana. Gotham City stessa è un personaggio, un ventre che tutto genera, a partire dal mondo di ombre, apparentemente immateriale, fotografato da Greig Fraser. La marcescenza morale e plumbea si estende nella virtualità della metropoli, luogo fallace fatto di riflessi, di ombre e di visioni ingannevoli nella miglior tradizione dell’espressionismo prestato al cinema statunitense, quello di titoli come La Finestra socchiusa.
Chiara in questo senso la distanza dal cognitivismo per le masse di Nolan e una maggiore vicinanza al cinema di David Fincher, nelle modalità con cui l’estetica neo-noir viene riletta, tra classicità e sollecitazioni post-moderne. La Gotham di Reeves, più vicina per certi versi a quella di Burton se dobbiamo rimanere entro i confini del franchisee, è una città che appartiene al lato recondito dell’attività onirica.
Quell’estetica che nel 1939 la DC comics desume dall’Art Déco newyorchese per immaginarsi le geometrie ardite di Gotham viene in un certo senso recuperata e rilanciata insieme allo stesso immaginario Warner. Un binario parallelo che guarda anche alla Dark City e al The Crow di Proyas per elaborare una deliberata irrealtà gotica, che partecipa in egual misura del vivido contrasto tra realtà e incubo, attrazione e repulsione per quel luogo della collettività che improvvisamente ostacola lo sguardo e spinge l’umano ai margini dell’urbano.
(foto dell’articolo – Ufficio Stampa Warner, Andrea Merolli)
The Batman di Matt Reeves (Usa 2022, 175 min)
Interpreti: Robert Pattinson, Zoë Kravitz, Paul Dano, Jeffrey Wright, John Turturro, Peter Sarsgaard, Jayme Lawson, Andy Serkis, Colin Farrell
Sceneggiatura: Mark Bomback, Bob Kane, Matt Reeves, Mattson Tomlin, Bill Finger
Fotografia: Greg Fraser
Montaggio: William Hoy
Musica: Michael Giacchino