venerdì, Novembre 22, 2024

The Dark Side of the sun di Carlo Shalom Hintermann: la recensione

La Xeroderma Pigmentosum detta anche XP è una malattia che cambia la percezione del mondo per chi la subisce; caratterizzata dall’incapacità delle cellule umane nel proteggersi dai raggi ultravioletti provenienti dal sole e da alcune illuminazioni artificiali, può scatenare in misura esponenziale gravi tumori della pelle, costringendo le persone affette a vivere in una realtà quasi esclusivamente senza luce e condotta sopratutto nelle ore notturne. Un confine, quello tra luce e oscurità che nel film di Carlo Shalom Hintermann, realizzato in collaborazione con l’animatore Lorenzo Ceccotti, rappresenta un vero e proprio interstizio per sviluppare un racconto su più livelli che diventa squisitamente cinematografico proprio in virtù della precarietà che coinvolge tutti i soggetti, non solo i bambini e i loro genitori, ospitati all’interno di Camp Sundown, il campo estivo collocato nel cuore dello stato di New York e pronto ad accogliere piccoli pazienti da tutto il mondo, ma anche la crew di Hintermann che ha trasformato i processi produttivi e creativi cercando di accordare e avvicinare il più possibile a questa realtà liminale, sia le esigenze illuminotecniche che lo sviluppo dei segmenti animati, realizzati insieme agli ospiti del campo, ascoltando i loro desideri, le loro storie, la loro immaginazione e coinvolgendoli in una sorta di workshop sempre attivo che rende indistinguibile il passaggio tra esperienza e creatività.

Il rischio di un’ibridazione frammentaria è totalmente evitato dalla compenetrazione dei due mondi; come la relazione tra oscurità e luce, quella tra pedinamento e cinema animato sembra dirci molto di più sull’ambiguità del cinema documentario rispetto a qualsiasi “inchiesta” storica, questo perchè la testimonianza e i racconti di Chris, Fatima, Mackenzie, Rachel e Kevin, diventano una soggettiva potentissima capace di generare mondi che spezzano la cortina dello schermo, spingendosi in una dimensione che risiede tra visibile e invisibile. Le splendide sequenze animate di Lorenzo Ceccotti, classiche e vicine a quell’essenzialità astratta della scuola marchigiana di Iginio Straffi, che qui è produttore, non sono troppo distanti da quella relazione con la natura che è presente in alcuni film di Isao Takahata o nel recente lavoro di Mamoru Hosoda, dove il tratto è al servizio di una metamorfosi che dall’umano passa alle forme del sogno; è una diretta emanazione di quello stupore infantile che attraversa tutte le immagini notturne dove l’esperienza dei ragazzi si confronta con le fonti di luce più disparate, fino a quella sequenza dove un gruppo di lanterne illuminate si librano verso il nero denso del cielo, quasi come fossero occhi che esplorano l’estensione terribile e muta del tempo.

Ed è proprio della relazione con la morte che il film di Hintermann ci parla in fondo, come se la consapevolezza di questi bambini costretti a vivere in un mondo capovolto, fosse in grado di osservare quel limite che ci rifiutiamo di interrogare o di cui rimandiamo il tempo della ricerca; rispetto al cinismo di chi ci dice costantemente che “la morte è una beffa”, i malati di Xp in The Dark Side of the Sun trasformano una condizione tragica esperita prima del tempo in un percorso di comprensione della propria mente attraverso i fenomeni della natura, e non è un caso che il dialogo che si instaura attraverso i segmenti animati sia quello con il mondo animale o con gli accadimenti fisici; quasi a suggerirci che il percorso della coscienza passa attraverso il riconoscimento di una luce interiore.

Una sfida e una scommessa difficile per un cinema che in questo caso diventa “fenomenico”, legato a improvvise forme luminose che emergono da un set senza alcun riferimento e completamente immerso nel buio, legato ad un pro-filmico che viene disintegrato e assimilato completamente dalla relazione dei corpi con la luce. In questo senso,  Carlo Shalom Hintermann, che ha lavorato sul set di “Tree of life” di Malick dirigendo l’unità italiana, sembra aver assimilato quella “lingua cinematografica primordiale”  (come dicevamo nella recensione del film) fatta di “sogni, memoria, luce e riflessi” fino ad avvicinare l’esperienza visiva a quella di una scoperta intima e contemplativa della realtà.

The Dark Side of the sun è in questo senso un film raro e coraggioso, non solo per l’aderenza commuovente ad una realtà dolorosa, ma per il modo in cui supera questo dolore, rompendo i confini del cinema narrativo e riportandolo alle sue origini, quando era ancora bambino.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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