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The Girls di Kenichi Ugana: recensione

I limiti e la vacuità dell'essere intonano l'ultimo canto. The Girls, l'ultimo film di Kenichi Ugana presentato al Festival du Nouveau Cinéma di Montréal, descrive tre ragazze protette da una foresta insieme al loro mondo, mentre tutt'intorno la realtà è in fiamme. La recensione

In una foresta dai colori caldissimi, tre donne vestite con gli stili eterogenei di Harajuku, sistemano un accogliente accampamento ligneo per preparare un barbecue. Ai margini, un bellissimo Shiba legato al guinzaglio, attende il cibo e un’agognata passeggiata nel bosco.

Momoko Tanabe, Kaoru Koide e Sou Morita sono le protagoniste del nuovo film di Kenichi Ugata, sessanta minuti sviluppati intorno alle chiacchere e alle riflessioni quotidiane di tre amiche, che in questo spazio separato dal mondo sembrano ripetere gesti, attitudini e il vuoto stesso di una normalità prossima alla fine.

The Girls recupera solo in parte lo spirito del racconto di formazione al femminile, già esplorato da Ugana con Ganguro-Gal’s Riot e successivamente Rolling Marbles.

Il film è più vicino al primo per quanto riguarda la dimensione nostalgica e mnestica delle tre ragazze, nel tentativo di ripercorrere le piccole emozioni del quotidiano in uno spazio urbano che caratterizzava l’adolescenza perduta, mentre dal secondo sembra prelevare quel senso di inadeguatezza rispetto alla realtà.

Ciò che cambia radicalmente è lo stile, dove gli aspetti più contemplativi delle antologie horror/sci-fi realizzate recentemente dal regista giapponese, vengono dilatati in un racconto da camera che si sofferma sui gesti sollecitati dalla società di consumo, derealizzati rispetto alle funzionalità quotidiane.

Tutte le passioni, i gadget, il cibo, gli oggetti e i resti di una società consolante e massificata, determinano una relazione con il vuoto, in uno spazio incongruo rispetto alla loro origine.

I gesti di preparazione del cibo vengono affidati a Momoko Tanabe e riflettono lo smarrimento esistenziale nella forma ipnotica che assale i personaggi di Extraneous Matter – Complete Edition.
C’è persino una sequenza ripetuta rispetto al film antologico di Ugana ed è quella del taglio della carne, lento e proteso verso il distacco da ogni emozione.

Nella sospensione di un tempo deperibile, dove i ricordi sono costituiti dagli elementi del consumo di massa che plasmano desideri e pensiero, lo spazio comprende una calma apparente.
Dallo sfondo emergono le sorde esplosioni di un conflitto. Per due volte ne vedremo alcune conseguenze attraversare il piano visivo: un uomo in fiamme e il piccolo nucleo di un plotone.
Quale guerra e di che tipo si combatta in quella zona rimarrà semplicemente una condizione transtorica, ineluttabile e senza alcuna spiegazione. Ugana rimane ancorato al soggetto e non estende lo sguardo sulla macrostoria. Si viene a creare quello spazio della differenza, tipica del suo cinema, tra una condizione antropologica data e una mutazione in corso, che penetra e sovverte le consuetudini dello spazio quotidiano.

C’è certamente una dimensione post pandemica inaugurata con l’edizione completa di Extraneous Matter e sviluppata in una direzione più ampia con il più recente Visitors. Ma senza rendere espliciti i riferimenti, questa emerge dal contrasto tra una comunità che ricrea uno spazio artificiale fatto di ricordi e ossessioni materiali e l’idillio naturale prossimo allo sfaldamento.

Una scelta originale e più interiorizzata rispetto alla vulgata post-apocalittica corrente, che ancora una volta costruisce uno sguardo assurdista a contatto con la realtà percepita.

Più sottile rispetto ai lavori precedenti, descrive quindi questa nozione nella propensione delle tre ragazze a non portare a termine nulla, a riflettere sul vuoto, a conservare una connessione affettiva in quel desiderio di comprensione che evidentemente non può condurre verso la salvezza.

Nonostante la dolcezza e i colori dello stile, Ugana riesce ad essere pessimista nel contrasto tra la superficialità delle aspirazioni e una rappresentazione del reale che nasconde estrema virtualità.

Ed è allora, ancora una volta, immagine di grande poesia, quella del cane che si allontana nel bosco, finalmente libero, mentre le ragazze si dichiarano affetto e amore, per cercare di azzerare le esplosioni.

Non è una poeticità ricercata o sottolineata, al contrario vive nell’illogicità e ritrova la bellezza laddove i limiti e la vacuità dell’essere intonano l’ultimo canto.

The Girls di Kenichi Ugana (Giappone 2023, 60 min)
Interpreti: Momoko TanabeKaoru KoideKokoro Morita

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
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Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
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