Peter Jackson è conosciuto dal grande pubblico soprattutto per essere l’autore della trilogia filmica de “Il signore degli anelli”, pietra angolare del contemporaneo cinema fantasy. Eppure Jackson potrebbe essere anche uno dei più intelligenti documentaristi della sua generazione, nonostante di documentari ne abbia girati appena due. O forse è più corretto dire uno e mezzo.
Nel 1995, quando era ancora un regista di culto per i suoi tre straordinari splatter horror demenziali e per lo splendido “Heavenly Creatures”, prima vera esplorazione della “terra di mezzo”, realizzò “Forgotten Silver” documentario su Colin McKenzie, geniale e presunto pioniere del cinema neozelandese dimenticato dalla storia. McKenzie però non era mai esistito e “Forgotten Silver”, che si qualificava così come mockumentary , diventava un ironico atto d’amore per il cinema.
Se nell’immaginario comune un documentario lo si considera come strumento per “restituire il reale”, un documentario “contraffatto” dedicato all’arte della falsificazione per eccellenza, ovvero il cinema, stratifica la lettura, aprendosi ad un infinito gioco di specchi.
Questo ci porta all’ultimo film di Jackson, They Shall Not Grow Old – Per sempre giovani, che ha visto la luce nel 2018 e che nelle ultime settimane stava girando i cinema d’essai italiani, prima della nuova chiusura delle sale a causa dell’emergenza epidemiologica.
Questa e “Forgotten Silver” sono due opere apparentemente diversissime: da una parte una ricostruzione finzionale spacciata per verità storica, dall’altra un film tutto fatto di materiale d’archivio; ma nell’approcciarsi di nuovo al documentario, a trent’anni di distanza e in modo quasi opposto, Jackson sembra comunque seguire un fil rouge teorico.
Cos’è They Shall Not Grow Old? Un documentario sulla prima guerra mondiale, fatto interamente di filmati britannici d’epoca, molti dei quali inediti, tutti restaurati, colorizzati e sonorizzati, messi insieme per ricostruire la vita sul fronte, anche attraverso tante voci di chi quell’esperienza l’ha vissuta in prima persona e ha potuto raccontarla. Dall’entusiasmo per l’arruolamento nel 1914, fino al mesto rientro in patria, dopo lunghi mesi passati in trincea, tra bombardamenti e assalti.
L’importanza del film sarebbe capitale anche solo per il suo valore tecnico. Il lavoro di restauro è straordinario e sembra di guardare filmati girati sì all’epoca, ma con dispositivi più vicini alla nostra sensibilità. La rimozione del bianco e nero e delle imperfezioni delle vecchie pellicole spoglia quelle immagini dell’aura mitica che ce le fa apparire distanti e quasi magiche. Diventano meno evocative, ma più concrete.
Come accennato, l’operazione di manomissione di documenti storici non si ferma all’esteriorità della pellicola: Jackson ci mette i suoni dei passi, dei mezzi pesanti, degli spari, delle esplosioni, addirittura aggiunge le voci, provando a interpretare i labiali degli anonimi soldati che appaiono, permettendoci quindi di ascoltare battute, risate, urla.
Quello di Jackson è un atto storiograficamente inaccettabile. Ed è il cuore del film. Bisogna parlare di “cuore”, perché “They Shall Not Grow Old” punta proprio all’impatto emotivo. Che è enorme. Come spettatori ci ritroviamo improvvisamente e brutalmente gettati sulla prima linea del fronte occidentale.
Sentire il petto vibrare sotto il rumore delle esplosioni riprodotte dall’impianto surround, ascoltare i soldati britannici scherzare sulla penosa vita in trincea e poi vederli morti sul filo spinato, la pelle scurita dalla decomposizione e il sangue rosso rattrappito sulla divisa, restituisce alle immagini della prima guerra mondiale la forza traumatica che i filmati originali non possono avere, perché percepiti come troppo lontani, quasi provenienti da un altro mondo. I suoni e colori riportano quelle immagini al presente. Ed è un’esperienza primordiale.
Ciò avviene attraverso un processo di mistificazione dei documenti storici. Ovvero, falsificando il reale, per quanto sia ambiguo il termine nel rapporto tra immagine e realtà, Peter Jackson arriva quanto più vicino possibile al vero. Ed è un atto speculare a “Forgotten Silver”, dove creava una pura invenzione producendo concretamente qualcosa di falso, ovvero servendosi della costruzione scenica attraverso costumi, scenografie, oggetti di scena.
Queste due operazioni sono possibili perché i documentari sono in realtà un prodotto di finzione al pari di qualunque film di fiction, ancorché la loro finzionalità sia mascherata. Jackson, consapevole di ciò, ha realizzato due documentari che lavorano proprio su questa antinomia. È però un lavoro teorico e sotterraneo, perché in superficie c’è altro, qualcosa di immediatamente coinvolgente per lo spettatore.
Il divertimento cinefilo in “Forgotten Silver” e il pathos in “They Shall Not Grow Old”, che riuscendo a non scadere mai nella retorica, si afferma come uno dei film sulla prima guerra mondiale più rilevanti del nuovo millennio.