domenica, Dicembre 22, 2024

Today di Reza Mirkarimi: la recensione

Il cinema di Reza Mirkarimi documenta, sin dagli esordi, la scoperta di un orizzonte inedito attraverso il percorso di figure in transito; è il cammino di Seyyed Hassan in “Under the moonlight“, il seminarista che insegue un piccolo ladro per recuperare la veste rituale sottratta, fino a doversi improvvisamente confrontare con la realtà marginale e più povera di Teheran; oppure il viaggio attraverso il deserto compiuto dal Dr. Alam, il neurologo sulle tracce del figlio, costretto a cambiare la propria visione della realtà a contatto con inconoscibili prospettive valoriali nell’intenso “So close so far“. Capovolgimento del punto di vista che anche negli esempi meno drammatici delinea una visione del cinema legata allo svelamento di uno spazio di condivisione, come in “A Cube of sugar“, il film apparentemente più luminoso di tutta la filmografia di Mirkarimi, sviluppato interamente intorno al perimetro di una grande casa della campagna Iraniana dove l’esperienza famigliare e collettiva della celebrazione per un matrimonio diventa occasione per stratificare la complessa evoluzione di una società, tra attaccamento ai valori tradizionali, perdita degli stessi e ansia di allargare la propria dimensione personale.

Il nuovo film di Mirkarimi presentato come premiere internazionale al recente Festival di Toronto, si inscrive quindi entro questo lungo percorso cominciato alla fine degli anni ’90 e più trasversalmente nel contesto del nuovo cinema realista Iraniano, quello della generazione che comincia a produrre alle soglie del nuovo millennio e che include, con tutte le dovute differenze, autori come Niki Karimi, Mani Haghighi, Babak Payami, Bahman Ghobadi, Asghar Farhadi.

La scrittura di Mirkarimi, rispetto a quella degli autori citati, è probabilmente quella più accessibile e lineare ma non per questo meno intensa; se l’universo che interessa all’autore iraniano è quello dei sentimenti e della tradizione, osservati al centro o ai margini dello spazio urbano, rispetto per esempio al cinema di Farhadi, l’ambiguità del reale si manifesta attraverso un processo meno ellittico, più vicino a quella scoperta dello sguardo che era propria del primo cinema soggettivo di Abbas Kiarostami.

Youness è un tassista di poche parole, apparentemente brusco, Mirkarimi ce lo presenta mentre scarica un cliente per le strade di Teheran; è l’ora del pranzo e non ha intenzione di rinunciare alla sua pausa per assecondare i capricci del signore a bordo. Sarà proprio durante questa sosta che salirà in macchina una donna incinta completamente sconvolta e ansiosa di arrivare al primo ospedale. Youness la scorta in silenzio senza porle nessuna domanda, mentre Sedigheh cercherà di abbozzare alcune giustificazioni sul suo stato; è un inizio in medias res che allinea il nostro sguardo a quello di Youness, tanto che il punto di vista mantenuto per quasi tutto il viaggio sarà, con semplice rigore, quello che pone al centro la donna mantenendo fuori campo il tassista, come se l’osservazione fosse esperita dallo specchietto retrovisore del veicolo, una falsa soggettiva che restituisce assoluta centralità e verità dello sguardo.

Giunti a destinazione, l’uomo decide di scortare Sedigheh alla reception, mantenendo lo stesso silenzio e facendo le veci di un congiunto, ed è a partire da questo momento che il cinema di Mirkarimi si anima come crocevia di esperienze sovrapposte nel perimetro di uno spazio dato, quasi che “Today“, come i film precedenti del regista iraniano, si servisse della dinamica esperienziale al posto dello sviluppo di un evento narrativo, per delineare il complesso rapporto tra individuo e società urbana, in un preciso contesto culturale. Se può sembrare sin troppo paradigmatico relegare all’interno di un ospedale le linee di forza che attraversano una parte della società iraniana contemporanea, sbilanciata tra valori ed esplosione globale, Mirkarimi affronta i temi con sguardo sottile e per niente didascalico, lasciando molto più spazio al non detto che all’enunciazione, tanto che l’unica sequenza che ci conduce al centro della megalopoli è quel surreale viaggio notturno dove un passeggero parla a Youness di sovrappopolazione in modo del tutto enigmatico, riferendosi alla scomparsa di qualsiasi traccia di riferimento con le proprie radici: “dov’è la tradizione?”, mentre il contrasto tra indifferenza ed empatia rimane una ferita aperta e allo stesso tempo immersa nella vita dei personaggi, che Today racconta rigorosamente declinata al presente.

Lo stesso equivoco volontario e reiterato, che spinge Youness al silenzio e induce dottori e infermiere dell’ospedale a sovrapporre storie, significati e il peso del passato, rappresenta il dolore con un semplice quanto potente slittamento di senso; delle percosse subite dalla donna che causeranno il distacco della placenta non sapremo niente in forma diretta, è la loro presenza invisibile che preme su chi guarda; esattamente come Youness apprendiamo delle condizioni di Sedigheh dalla diagnosi dei medici, una scoperta che mette su un piano ugualmente chiaro e manifesto la formazione possibile di qualsiasi pregiudizio in gioco. Quasi fosse parte di una dinamica Hitchcockiana, la posizione di Youness ci è chiara nello stesso modo in cui rimane in penombra per la comunità che interagisce con lui.
Con rara intensità Mirkarimi riesce a raggiungere un alto livello di empatia, perchè tenendo a distanza il rischio di avvicinarsi troppo al mistero dei suoi personaggi, li lascia in una zona sospesa tra espressione e indicibilità, come a mostrarci la difficoltà di amare senza alcuna pretesa, nello spazio indifferente ed estremo di una città che non sa più dove andare.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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