Dopo aver vissuto per diversi anni in Argentina, Laura (Penelope Cruz), rientra in Spagna per il matrimonio della sorella minore Ana (Inma Cuesta) con Joan (Roger Casamajor). Laura ha intrapreso il viaggio con la giovane figlia Irene (Carla Campra) e il figlio Diego (Ivan Chavero), mentre Alejandro (Darin) il padre, è rimasto in Argentina. La donna e i figli alloggiano nella grande villa del padre di Laura, l’ex proprietario terriero Antonio (Ramon Barea).
L’accoglienza è calorosa e sono tutti felici di rivedere Laura e i suoi figli. Fratelli, amici di famiglia e suoceri la circondano di affetto, c’è anche Paco (Javier Bardem), produttore di vini locali di successo, sposato con Bea (Barbara Lennie) e senza figli.
Fedele ai temi del suo cinema, il regista iraniano con la sua prima opera in lingua spagnola mette ancora una volta la famiglia al centro, con la cornice domestica a delimitare la descrizione dei rapporti, in un contesto culturale completamente diverso.
La tensione impalpabile che attraversa tutte le opere di Farhadi, nel disinnesco continuo delle regole del thriller, anche quando questo è semplicemente sfiorato per allusione, trova il suo culmine nella sequenza dei festeggiamenti. La persistenza del passato, la lenta erosione dell’attualità e la qualità dei rapporti che si reggono sulla complessa stratificazione di menzogna e verità, puntano verso il vuoto e l’indicibile.
Il contrasto sociale è una dimensione che Farhadi da sempre osserva con attenzione, sopratutto per la sua apparente marginalità. Quello che rimane sullo sfondo non è necessariamente ininfluente, come le parole soffocate o mai dette non sono sinonimo di risoluzione. Quest’ultima è un’affermazione di Laura e indica quanto il cinema di Farhadi, anche nel contesto di una produzione lontana dalle sollecitazioni della sua cultura, cerchi effetti analoghi in quella occidentale. Le relazioni come specchio di una società che non riesce ad uscire dalla simulazione dei ruoli per sopravvivere e sopravviversi.