Andriana Yarmonova è una giovanissima regista Ucraina che ha studiato alla Kyiv National I. K. Karpenko-Kary Theatre, Cinema and Television University, istituzione nazionale specializzata in performing arts, teatro e cinema, con un approccio multidisciplinare. Si tratta di una struttura con una storia enorme alle spalle, nata nel 1904 come scuola di recitazione e sottoposta ad una radicale evoluzione durante più di cento anni. L’istituto ha attraversato quindi tutte le complesse vicissitudini storiche che hanno reso l’Ucraina un paese sovrano e indipendente.
Durante i difficili mesi che hanno visto scatenarsi l’aggressione illegale dell’Ucraina da parte del regime fascista di Putin, gli studenti e lo staff della scuola hanno allestito “Peace to Ukraine“, evento-performance online moderato dalla rettrice dell’università Inna Kocharian e trasmesso in streaming via Facebook lo scorso 23 aprile.
Zapah Polya, il corto di Andriana Yarmonova, è stato programmato durante la seconda giornata del Ca’ Foscari Short Film Festival 2022, nella slot dedicata ai film in competizione, provenienti da scuole e università di cinema di tutto il mondo.
Non è il primo film realizzato dalla Yarmonova, che già nel 2020 aveva adattato un romanzo di Stefan Zweig per un corto di 13 minuti. Collabora nuovamente con Lev Kostenko, che cura montaggio e direzione della fotografia, in una sinergia che ovviamente proviene dallo stesso contesto formativo.
Sviluppato a partire da una sceneggiatura originale scritta dalla stessa regista insieme a Tetiana Shuhaieva, segue la vita di Kolya, da otto anni fino alla post-adolescenza, immergendosi nella formazione difficile e dolorosa del ragazzo, orfano di padre, con una madre etilista e un patrigno violento. Il prato incolto e selvaggio che si estende ai margini della suburbia e dei grandi palazzi, accoglie i suoi sogni e l’ansia di libertà condivisa con il coetaneo Misha.
Su questa base, Zapah Polya affronta in modo acuminato e sensibile lo sviluppo della mascolinità dalle sue qualità migliori, fino alla dimensione più tossica. Realizzato tra il 2021 e il 2022, non allude ad alcun conflitto, rimanendo ancorato alle dinamiche del racconto di formazione, ma in realtà riesce a delineare la nascita della violenza come codice che inquina e distrugge il passaggio dall’infanzia all’età adulta. L’animo gentile di Kolya tira fuori la madre dall’orbita dell’abuso maschile, per essere improvvisamente stroncato dalla causalità feroce di quella stessa sopraffazione.
Yarmonova sceglie il lessico e il rimario del cinema sensoriale, agganciato all’esperienza dei personaggi, ai loro corpi e alla loro relazione aptica con l’ambiente. Molto belle le sequenze dove Kolya cerca un contatto ludico e asessuato con Misha nell’età dell’innocenza, rotolandosi nei prati e percependo un odore che definirà la coesistenza tra memoria, istinto e destino. Specularmente la difficile relazione con la madre, descritta e sospesa tra percosse gratuite e un’improvvisa necessità di cancellare il dolore con l’abbraccio.
Lo sguardo di Kolya, estatico e attraversato dallo stupore, connette gioia e dolore con una soggettiva che ci consente di abbandonare lo sguardo giudicante. Yarmonova dedica il film alla madre, con una frase d’amore incondizionato che chiude il film, quasi a suggerire la via matrilineare come unica possibilità generatrice, contro le istanze distruttive di uno sguardo “a misura d’uomo”.