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River of desire di Sérgio Machado: recensione

Recentemente programmato come premiere mondiale al Tallin Film Festival, River of Desire è il nuovo film del regista brasiliano Sérgio Machado, ambientato in una città sul Rio delle Amazzoni e ispirato ad un racconto di Milton Hatoum, Il flusso del paesaggio amazzonico modella, trascina e distrugge storie famigliari e identitarie.

Sérgio Machado torna a raccontare un intreccio di sguardi e desideri amorosi, ma a differenza di Cidade Baixa, cambia lo scenario e anche la prospettiva politica. Dalla periferia di Salvador alle rive del Rio delle Amazzoni il regista Brasiliano mantiene al centro l’essenza più significativa del melò, quella che gli consente di rimanere vicino ai corpi e alla descrizione dell’ambiente come elementi di un contrasto palpabile tra la realtà e le radici ancestrali della tragedia.

Lo spunto arriva da un racconto di Milton Hatoum, contenuto nella raccolta A Ciade Ilhada. Dal breve O Adeus do Comandante, Machado estende la tessitura, collaborando direttamente con lo scrittore. Vengono allora gettate le basi per una futura e ulteriore rielaborazione che dal film, animerà il prossimo romanzo di Hatoum, in un’operazione transmediale che si affida al potere generativo del racconto popolare.

Nella città fluviale di Itacoatiara, la pesca è il sogno del Capitano Dalberto, agente di polizia stanco della violenza brutale con cui deve fare i conti ogni giorno. Machado evidenzia in un breve frammento introduttivo lo slittamento da un contesto che assorbe gli aspetti peggiori dell’urbanizzazione alla fragilità dell’economia rurale e ittica. Paradiso perduto che trattiene una ritualità dimenticata, mentre dai margini preme una disgregazione mortale che niente ha a che fare con la passione incendiaria pronta a travolgere tutti i protagonisti del film.

Se allora i due fratelli di Dalberto sono divorati da un desiderio indicibile per la sua giovane e bellissima compagna, la stessa Anaìra sembra manifestarsi come forza elementale, strettamente connaturata con il ritmo del fiume o la morfologia inquieta e di confine del crepuscolo.

La famiglia dove viene accolta, ha una dimensione apparentemente patriarcale, ma vive in realtà nel solco di una paternità interrotta, con i tre maschi che assistono la vecchia nonna, il fantasma di una madre tradita, la figura del padre che traccia la linea tragica del tradimento stesso.
Il desiderio di un nuovo nucleo, per Dalberto deve fare i conti con una frattura da rimettere insieme e con la minaccia di una globalizzazione che corrompe l’integrità dei sogni.

Senza essere didascalico, ma rimanendo onestamente entro la cornice della novela con tutti i suoi elementi drammaturgici, Machado dissemina il film di piccole e impercettibili derive, inserendo scorci di un fiume già invaso dalla plastica, definendo lo spazio del mercato come una zona sospesa tra libertà e corruzione, ma soprattutto rovesciando i topoi del viaggio e del ritorno, in un girare a vuoto intorno all’indomabilità della natura.

Questa trasmette codici illeggibili e muove il corpo di Anaìra, interpretata da una carnale Sophie Charlotte, come il movimento dell’acqua o i misteriosi schemi di coordinazione collettiva degli uccelli, mentre espandono una minacciosa danza di massa.

Su questi e altri elementi Machado insiste con un approccio figurativo e naturalistico che non ha alcuna connessione simbolica se non nel modo diverso di porsi dei tre maschi rispetto alla vitale leggerezza di Anaìra e alla loro capacità di interrogare i rischi di un habitat bellissimo e feroce, con un accordo diverso.

L’elemento naturale allora, per quanto possa sembrare uno spazio occupato da alcune stereotipie, non stabilisce analogie per cementare un surplus di significato. Al contrario, inghiotte le spinte del desiderio con la luce, i colori e il movimento dei corpi nello spazio, secondo un principio di necessità.

Ecco che l’immagine costruita da Machado risiede entro questa stessa definizione poetica, che qui condivide con la scrittura di Hatoum.

Il Rio delle Amazzoni è parte di una natura eccessiva rispetto all’eccedenza della presenza umana. Questa, inclusi i costrutti sociali su cui sopravvive, è destinata ad essere inghiottita.

Le energie contrastanti che attraversano l’opera dello scrittore brasiliano, svelano il paesaggio amazzonico come un flusso che modella, trascina e distrugge storie famigliari e identitarie.

[Fotografie fornite da ufficio stampa Pr Factory International Film Publicity]

River of Desire di Sérgio Machado (O Rio do desejo, Brasile 2022)
Interpreti: RÔMULO BRAGA, SOPHIE CHARLOTTE, DANIEL DE OLIVEIRA, GABRIEL LEONE, Sceneggiatura: GEORGE WALKER TORRES, MARIA CAMARGO, MILTON HATOUM (Racconto)
Fotografia: Adrian Teijido
Montaggio: Marcelo Junqueira
Musica: Beto Villares

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Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.
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