Vita e morte come strani attrattori di una traiettoria non lineare, un preludio al caos dove dalla superficie di uno specchio i morti guardano i vivi attraverso gli stessi occhi. Un palindromo che fa veramente paura e si potrebbe parlare di Survival of the Dead anche da questa prospettiva, rivedendo tutto il cinema di Romero. Chi sono i vivi, quali sono i morti?
Romero torna alla famiglia, un terreno d’analisi essenziale per capire l’essenza politica del suo cinema, ma ci torna raccontando l’intimità relazionale contemporanea nello spazio antico e archetipico del Western. Non è certamente uno spirito cinefilo quello che lo anima, quanto una radicale riduzione del mito ad un orrore attualissimo; i morti che rivivono, invece di essere soppressi vengono costretti da una fazione legata aal proprietario terriero chiamato Muldoon a prolungare la loro vita in una sofferenza eterna, una mimesi oscena delle loro abitudini terrene.
Un postino legato ad una catena che consegna la stessa busta in eterno, una cameriera che continua a servire i vivi, la conservazione della vita dei propri cari ad ogni costo. Una visione tragica di derivazione classica che guarda all’orrore contemporaneo del diritto alla vita, accanimento terapeutico che diventa ossessione, religione collettiva che impone l’unica visione contro il diritto alla propria morte.
E’ una suggestione che non rimane isolata; O’Flynn sta dalla parte opposta: osteggiare la visione di Muldoon, portare più vivi possibili nello spazio dell’isola dove si ambienta la lotta per la sopravvivenza e terminare tutti i morti senza nessuna recriminazione, congiunti compresi.
E’ questa specularità dell’accanimento ideologico che interessa a Romero prima ancora che l’osservazione della società dei consumi; ne è un esempio la reazione terribile e metodista di O’Flynn di fronte ad una preziosa rivelazione della figlia, una via d’uscita sulle abitudini dei morti viventi che potrebbe mostrare tutta la sua forza aberrante oppure mettere in discussione il rigore delle posizioni del padre; senza indugio O’Flynn la uccide “da viva”, così che il suo disegno non abbia fine.
Le immagini che dividono la visione della vita da quella della morte allora, sono separate da una membrana sottile, da un vetro che si spacca, dalla superficie del mare, da immagini doppie, da due gemelle che si trovano ai lati opposti dello specchio, dalla purezza di uno sguardo cannibale che lotta contro la forza omicida di un orrore ideologico.