venerdì, Novembre 22, 2024

Three Billboards Outside Ebbing, Missouri di Martin Mcdonagh – #Venezia74 – Concorso: recensione

Three Billboards Outside Ebbing, Missouri

Three Billboards Outside Ebbing, Missouri non esce dal tracciato stabilito del cinema di Martin Mcdonagh a partire dalla forma della commedia nera, sino a quel percorso che coinvolge i suoi personaggi sempre intenti a sottrarsi dalle etichette delle quali molto spesso sono vittime.

Non è infatti molto differente la crisi identitaria di Marty (Colin Farrell), lo sceneggiatore stufo dei soliti soggetti fatti di violenza e privi di speranza, spinto verso una scrittura carica di maggiore speranza e di messaggi positivi nella folle spirale di “7 Psicopatici”, da quella che anima il vice comandante della polizia di Ebbing Dixon (interpretato dall’immancabile Sam Rockwell) a cui McDonagh affida il compito di tirare le fila della storia.

La vicenda ruota tutt’attorno agli esiti dell’omicidio con stupro della figlia adolescente di Mildred Hayes (Frances McDormand) madre ferita e combattiva, il cui dolore non ha di certo contribuito a smussare il suo carattere spigoloso e le rigidità.
Al contrario, trascorsi ormai sette mesi dall’efferato omicidio senza che vi siano stati passi in avanti nell’indagine, Mildred audacemente affitta tre cartelloni pubblicitari posti appena fuori la cittadina di Ebbing, sui quali fa affiggere un messaggio molto controverso per dare una spinta alle istituzioni che sembra siano bloccate e/o disinteressate al caso.

Viene così puntato il dito contro William Willoughby (Woody Harrelson) comandante della polizia locale e contro l’inefficacia delle istituzioni, comprese quelle ecclesiastiche, qui smontate pezzo per pezzo con ferocia e pungente ironia, aspetto che va sempre di pari passo con la tragicità.
Il messaggio composto sui tre cartelloni fuori Ebbings evidentemente crea scandalo e scuote le coscienze della piccola cittadina e come un terremoto agisce sulle relazioni intorno a Mildred, completamente compromesse da uno sciame di conseguenze che ancora hanno effetto dopo la morte della figlia.

Una psicologia del dolore che vorrebbe trovare le sue radici in un film come “A Venezia…un dicembre rosso shocking”, capolavoro di Nicolas Roeg del 1973, la cui influenza si ferma però ad uno stadio prettamente citazionista, nella sequenza in cui il vice comandate Dixon commenta con la madre la visione roeghiana, con il consueto humor di cui McDonagh impregna i suoi film e che aumenta in questo caso la distanza empatica con le vicende di John e Laura Baxter: il suo cinema non contiene inevitabilmente quella ricerca sulle connessioni tra alterità, sguardo ed effetto che queste hanno sui sensi del vasto universo-Roeg, anche se non è da biasimare il suo tentativo di portarlo alla memoria comune.

La lotta che Mildred porta avanti contro tutti porta a galla molte contraddizioni presenti nella piccola Ebbings, ma a cui McDonagh affida un ruolo di critica sociale più ampia e assai attuale, principalmente rivolta agli abusi di potere della polizia che non fanno complimenti nell’usare la forza bruta e nell’acuire certi razzismi, allo stesso modo dei giudizi provenienti ipocritamente dal sacerdote che compuntamente tenta di scoraggiare Mildred nella sua battaglia per la figlia: il tutto viene rispedito al mittente, con una determinazione che inizialmente ha i connotati della giustizia privata a tutti i costi, ma che poi assume quelli del riscatto personale, per Mildred come per Dixon, unito in un ipotetico viaggio on the road verso una vendetta che sfuma mano a mano che i chilometri vengono percorsi.

Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini è curatrice della sezione corti per il Lucca Film Festival. Scrive di Cinema e Musica

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