Brian De Palma, ovvero la forma. Nel percorso autoriale del regista quella di manierista è un’accusa ricorrente. E non c’è dubbio che la ricercatezza dello stile, la sofisticata articolazione dei punti di vista, insieme alla passione citazionista e all’accuratezza della messa in scena abbiano fatto la storia del suo cinema, di una poetica riconoscibile anche quando in apparente allontanamento da se stessa. Ma l’attenzione di De Palma per le scelte espressive trova nella perenne riflessione sul dispositivo la sua imprescindibile ragion d’essere.
In quest’ottica “l’alterità” stilistica delle pellicole d’esordio, nella fattispecie di Ciao America! (Greetings, 1968) e Hi mom! (1970), appare sensibilmente ridimensionata. Se i due lungometraggi, recentemente usciti in DVD per Rarovideo, si distinguono per la struttura gioiosamente anarchica e un esprit decisamente più militante non deve certo sorprendere: siamo pur sempre nel ’68 (nel ‘70 nel caso di Hi mom!), e De Palma resta uno dei più incisivi esponenti della New Hollywood. Le influenze più o meno dichiarate della Nouvelle Vague – Godard, naturalmente, ma anche Truffaut– delle controculture statunitensi, fino al teatro d’avanguardia e al cinéma-verité di Jim Mc Bride attraversano i due film tra omaggi espliciti e suggestioni.
A renderli inequivocabilmente depalmiani sono i prodromi di una ricerca- quella sulla pulsione scopica e la manipolazione ad opera dei media- destinata a proseguire nelle opere successive, fino a farsi marchio proverbiale.
Prendiamo Ciao America!, 30.000 dollari di budget e dieci giorni di riprese per 3 milioni di incassi e un Orso d’argento al Festival di Berlino. Il contemporaneo contesto socio-politico permea la narrazione, con i tre protagonisti, Jon (Robert De Niro), Paul (Jonathan Warden) e Lloyd (Gerrit Graham), alle prese con la visita di leva e il Vietnam che riecheggia nelle dichiarazioni televisive del presidente Johnson. Lloyd, inoltre, è ossessionato dall’omicidio di Kennedy al punto da portarselo letteralmente a letto, ricreando la scena del delitto con la sua partner sessuale.
Le folli compulsioni dei protagonisti riflettono le assurde contraddittorietà dell’America coeva. Ma la criticità degli eventi storici è filtrata- non diluita- dall’ipertrofia di soluzioni stilitiche improntate alla commedia surreale. Alla decostruzione disinvolta del linguaggio di Hollywood- a colpi di jump cut, scavalcamenti di campo e interpellazione dello spettatore ad opera dei personaggi- si accompagna un vero e proprio pastiche di generi, reinterpretati in chiave grottesca: dal film politico al cinema bellico, dall’erotico fino al thriller, con soluzioni prese a prestito dal cinema muto. Il procedere per accumulo di situazioni ricorda inoltre l’andamento dei comics, con il susseguirsi di strips per certi versi autonome. Tuttavia l’intera gamma di espedienti stilistici è funzionale al sotteso discorso sullo statuto e il ruolo del linguaggio filmico, nonché sul potenziale falsificante di mass media sempre più pervasivi (la televisione, certo, ma anche il computer che decide la vita erotica di Paul). Sovrapposizione, quella dei media alla realtà, che troverà compimento in Redacted (2007), con la sostituzione di questa ad opera di un collage di frammenti sintetici, frutto di un’incontrollabile iperscopia mediale.
L’affermazione dello sguardo trova la sua incarnazione in Jon Rubin, voyeur recidivo e trasversale ai due film. Se in Ciao America! lo troviamo impegnato a filmare ragazze che si spogliano, in Hi mom! Jon è reduce dal Vietnam e tenta la strada dell’hard filmando i condòmini del palazzo di fronte. (il richiamo a La finestra sul cortile è evidente come poi lo sarà in Omicidio a luci rosse).
Anche Hi mom! è uno spaccato satirico sull’America, del suo sub-strato sociale e ideologico post-Vietnam. Lo squilibrio psichico di Jon, Travis Bickle ante litteram con tanto di monologo allo specchio, si alimenta delle contraddizioni di una realtà che scorre nonostante lui. La pornografia, il teatro underground, una compagnia di assicurazioni sono le strade che tenta di percorrere senza trovare soddisfazione. Ma permettono a De Palma di mettere in scena un voyeurismo generalizzato che, come nel Fantasma del palcoscenico (1974) e Omicidio a luci rosse (1984), trova espressione nello spiarsi reciproco. Se Jon è l’artefice del peep show in stile Michael Powell, egli stesso è circondato da guardoni, primo fra tutti lo spettatore. Ed è quest’ultimo che De Palma chiama direttamente in causa, interpellandolo, disorientandolo e cogliendolo in fallo per costringerlo all’opportuna distanza critica. Il punto di vista, dunque, è costantentemente mobile, sia fisicamente (grazie anche al cambio di mascherini) che concettualmente, così come lo scambio di ruoli tra attori e spettatori, cui allude anche lo spettacolo Be black, baby. Questo inserto in bianco e nero, sul modello del cinéma-verité, costituisce una delle soluzioni visive più significative del film, insieme allo split-screen (già usato in Dionysus in 69 e poi ricorrente fino a Passion) e all’accelerazione delle scene erotiche allo scopo di ridicolizzarle.
Se a partire da Le due sorelle (1973) lo stile di De Palma evolve sensibilmente, per acquisire un’estetica più compiuta e folgorante, la visione di Ciao America! e Hi mom! è indispensabile per comprendere la poetica del regista che ha da poco compiuto 72 anni.
L’edizione di Rarovideo presenta i due lungometraggi in versione integrale con una buona qualità dell’immagine e la possibilità di accedere direttamente alle diverse scene. Unico extra, in entrambi i casi, la video-introduzione di Bruno di Marino.