martedì, Novembre 5, 2024

Collezione Dante Lam

The Beast Stalker

The Beast Stalker (Ching yan) presentato a Berlino 2009, é un film d’azione visivamente sgargiante, teso, sopra le righe, stretto fra thriller e mélo.

Dante Lam salda le due anime con esiti di straordinario equilibrio, e il poliziesco hongkonghese ne esce rinnovato, alternativa più che convincente all’action movie americano. Co-autore con Wai Lun Ng alla sceneggiatura, Lam mette in scena tre storie in rotta di collisione per una caccia all’uomo senza quartiere. Lo sfondo é Hong Kong, gravida di atmosfere sporche, inferno metropolitano di grattacieli, ponteggi, alveari brulicanti, prospettive verticali sovraccariche, finestre come orbite vuote, sguardo cieco sulle strade.

La steady cam segue impazzita le fughe tra la folla, rallenty e accelerazioni frenetiche battono un tempo convulso, la coreografia ipercinetica di Stephen Kung Wai scatena pedinamenti, sparatorie, brutali corpo a corpo, riprese in tempo reale e slow-motion, veloci cambi di angolazione. La giungla d’asfalto diventa labirinto, ossessione, deformazione, perdizione. Sfrecciano, a pochi minuti dall’inizio, auto di polizia e malavitosi in un inseguimento spettacolare, caos visivo che scompagina la percezione del reale e mondo che esplode in un car crash da brivido.

Il capitano Tong, un Nicholas Tse implacabile, aggressivo, nevrotico, inasprito, uccide per sbaglio la piccola Yee, fagottino inerte in un bagagliaio crivellato di colpi. La stessa corsa folle, ripresa ciclicamente, lo scontro e la morte, il primo piano di Ann Gao (Zhang Jingchu), madre della bambina, tornano come ossessione al centro del film in una lunga sequenza priva di sonoro, incubo nella memoria di Tong, traduzione visiva dei suoi sensi di colpa. Il terzo scontro é un flash back in post-finale, é il non detto di vite messe in scena e travolte dalla dinamica vertiginosa del film, e racconta di uomini e donne emersi da un nulla che ha preso corpo man mano, impregnandosi di sofferenza, emarginazione, rabbia. La rielaborazione ciclica di scene, la ripresa del tema centrale (corsa, rapimento, violenza e morte) esposto nel primo movimento, ripreso nel secondo e riassunto nell’ultimo, crea un andamento sinfonico per un plot drammaticamente in bilico sulle opposizioni. Ai poli estremi due uomini e due donne, un duello mortale e vite senza speranza, disagio esistenziale che gravita intorno ad un centro che é dato dall’assenza, quella delle due figlie di Ann.

Tong, poliziotto compulsivo e arrogante, é annientato da sensi di colpa per la morte di Yee ed é capace di infinita dolcezza con la piccola Ling, gemella della bambina uccisa; il bandito Hung (Nick Cheung protagonista di tanti film di Johnnie To in una delle sue interpretazioni migliori), é una bestia violenta ma anche un uomo fragile in lotta per la sopravvivenza nella giungla metropolitana; Ann, madre disperata, é costretta ad umiliarsi e annullarsi di fronte al ricatto; la moglie di Hung, larva immobilizzata, é ancora capace di pietà umana; Ling, piccola miniatura di porcellana rosa, in contrasto lancinante con la violenza che la travolge, domina la scena a lungo, innocenza e orrore creano un mix inedito dal retrogusto molto amaro, che esorcizza il film da patetismi fuori luogo.

Sospeso dal servizio perché responsabile della morte della bambina e del grave ferimento di un collega, Tong cerca il suo riscatto nell’inseguimento di Hung per salvare la piccola Ling, presa in ostaggio dopo tre mesi dalla morte della sorella da una banda di criminali che ricattano Ann Gao. La scarcerazione del capo, Cheun (Kong Lau) accusato di omicidio durante una rapina, dipende da lei, avvocato dell’accusa in possesso di prove certe della sua colpevolezza. Ling é tenuta segregata da Hung, killer pieno di debiti, il viso deturpato da una cicatrice e semicieco. Hung dovrà uccidere la bambina se la trattativa con la madre non andrà a buon fine.

Ha già ucciso senza pietà, un flash fulminante lo mostra all’opera, é spietato, come chiuso dietro il suo orrendo occhio vitreo, ma é anche un villain anomalo, spiazzante nella sua commovente dedizione alle cure della moglie paraplegica (memorabile la scena delle pillole colorate necessarie alla donna, lui quasi cieco e la piccola Ling, legata e imbavagliata, che l’aiuta a distinguere i colori).

Lam costruisce un thriller che devia clamorosamente dalle traiettorie classiche e va oltre il genere, scava nelle pieghe dei personaggi alla ricerca di motivazioni profonde, cosa li spinge a fare ciò che fanno diventa più importate delle azioni che scelgono di compiere. Accade così che in un crime movie in cui l’adrenalina scorre a fiumi e la suspense toglie il respiro, sia la tragica complessità di queste vite a fare la differenza dai cliché del genere.

Punto di forza del film é la capacità di Lam di dare unità a traiettorie così divergenti all’interno dei singoli personaggi, ognuno diviso tra colpa e ragione. Discontinuità di accordi tonali e unità di tema sonoro, lacerazione fra brutalità maschile e leggerezza femminile, dolorosa convergenza di tutti nella solitudine dominante in scenari urbani ossessivamente incombenti: questa é la cifra del film.

Il ritmo vorticoso del crime movie é misurato nello spazio di una città irreale e iperreale insieme, dramma sociale e catastrofe esistenziale si fondono, un sound di trame sonore fatte di accordi graffianti e perforanti ma anche di leggerissime tessiture pianistiche integra e commenta, Chung-to Tse illumina splendidamente il tutto con la sua fotografia.

Una labile prospettiva di palingenesi é lasciata al finale, forse la speranza é destinata in qualche imprevedibile modo a sopravvivere.

Gli Extra del DVD includono un lungo approfondimento di Stefano Locati sulla “Rivincita del Poliziesco”; il critico delinea un quadro del cinema poliziesco made in Hong Kong partendo dalle origini, fino allo sbandamento dopo l’hangover del ’97 con la conseguente e fallimentare penetrazione del mercato occidentale, per proseguire con il nuovo cambiamento di tendenza tra il 2002 / 2003 con la serie di Infernal Affairs e agli accordi Sepa, ovvero la collaborazione tra madrepatria e Hong Kong. Tra adeguamenti alla censura Cinese e scambio di maestranze, Locati inserisce il percorso di Dante Lam, nel suo tentativo di recuperare elementi puramente locali, tornando a parlare di piccole storie di strada e contestualizzando criminali e poliziotti in un contesto di povertà comune. Chiude con un’analisi narrativa del film e un profilo dettagliato di Dante Lam e degli interpreti principali di Beast Stalker. Il contenuto successivo è un Making of del film che mette insieme backstage e interviste a regista e cast; è lo stesso materiale che troviamo in forma isolata ed espansa nei contenuti successivi, ovvero il Dietro le quinte, con una parte estesa che mostra le tecniche di realizzazione impiegate per girare l’incredibile incidente di apertura e tutti gli scontri principali tra i protagonisti, ed infine le interviste. L’ultimo capitolo della sezione Extra è una selezione di alcune scene tagliate.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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