martedì, Dicembre 3, 2024

Giulietta degli spiriti di Federico Fellini: il Dvd Mustang Entertainment

Una piccola moglie perfettamente integrata nella ricca borghesia capitolina, una villa lussuosa a Fregene, amici eccentrici e festaioli e un marito di mezza età in cerca di conferme alla sua virilità (una relazione extraconiugale in corso con mannequin di famosa bellezza è cosa che tutti sanno tranne la moglie, come sempre). Ecco Giulietta (Giulietta Masina) e il suo mondo, un universo in bilico tra ordine maniacale e disordine surreale. Entrano quasi tutti in scena da subito, i personaggi reali. Poi arriveranno gli “spiriti”, in ordine sparso. Prima arriva lei con le due camerierine (sempre devote e servizievoli) mentre preparano giulive la festa per l’anniversario del matrimonio di Giulietta con Giorgio (Mario Pisu).
Quindici anni, un bel matrimonio! Ma la festa dev’essere una sorpresa per lui, sempre in giro per lavoro. Distratto e immemore, ahimè, Giorgio arriva con nugolo di amici chiassosi inseguiti dalle note frizzanti e divertite di Nino Rota. Valentina (Valentina Cortese) cinguetta vaneggiando qua e là col suo cagnolino rabbioso, un medium astrologo (Genius) sproloquia in angoscianti primi piani sul suo volto incipriato, l’avvocato di famiglia (Mario Conocchia) insiste in una corte discreta alla padrona di casa, una scultrice in coppia con Romolo, culturista de borgata, chiede della paprika per fare il pilaf, la casa si riempie di gente in ogni angolo e Giulietta sorride, meccanicamente. Poi si chiude in bagno.

Ma perché di fronte allo specchio dice, puntandosi il dito contro: “E adesso non fare la cretina e metterti a piangere”? Cosa c’è sotto quella maschera di perbenismo remissivo e ben educato, che ama esprimersi con toni pacati e tenere sotto controllo anche le emozioni più devastanti? Quanto impiega Giulietta a capire che il marito la tradisce, che quel mondo non è quello che voleva, che partendo dal collegio di suore in cui ha studiato e arrivando fin lì ha vissuto una vita falsa e ora tutto quel che le rimane sono i fantasmi che le girano intorno?
Quanto soffre Giulietta per il tradimento del marito, e, soprattutto, perché soffre? A tutte queste domande Fellini non vuole che Giulietta risponda subito.
Piuttosto preferisce accompagnarla nel lungo tragitto del film, più di due ore coloratissime (è il primo color di Fellini, e la fotografia di Gianni di Venanzo celebra con adeguato trionfo cromatico scenografie e costumi di favola di Piero Gherardi).

Benchè fuori tempo massimo, per Giulietta questo sarà un cammino di formazione lungo il quale es, io e super io s’incontreranno e scontreranno spesso, portando a galla vissuti infantili, sanzionando i condizionamenti ambientali, commuovendosi e indignandosi per le carenze affettive e le presenze castranti che hanno intessuto la sua storia di bambina prima e donna poi.
Alla fine del percorso terapeutico, resa finalmente forte da un penoso processo di accettazione di sé, Giulietta risponderà liberandosi dei suoi fantasmi (gli spiriti, parola più infantilmente connotata). Consapevolmente decisa ad essere sé stessa, sia pure in solitudine, esce di casa e si allontana. Quello che era diventata, ciò che credeva di desiderare, le maschere che gli altri le avevano attribuito, tutto viene archiviato.

Potente allegoria visiva, Giulietta degli spiriti nasce in un tempo in cui tutto doveva ancora accadere, il 1965, quasi preistoria se pensiamo alle accelerazioni vertiginose del mezzo secolo successivo. La condizione della donna nella società degli uomini era tema da rubricare, sopravviveva intatta l’opulenza viziosa e arrogante di un certo demi monde nato sotto il fascio e cresciuto come metastasi sulle macerie della guerra, tutte le rivoluzioni (e involuzioni) successive covavano ancora sotto la cenere. Ma c’erano poeti che conoscevano il futuro, Fellini era uno di loro.
Parlare allora di intatta attualità per questo film sembra addirittura scontato. Giulietta, oggi più che mai, é un simbolo che trascende i suoi confini storici, anche se al genio creativo di Fellini non interessò mai fare film a tesi né fornire basi teoretiche alla sua poetica. Procedimento analogico per immagini, il suo cinema é il corrispondente perfetto di quanto la poesia fa con il linguaggio verbale.
La poesia non significa più il mondo, ma è il mondo”. Convenire su questo con Rimbaud era insito nel suo portare avanti, a oltranza e contro i non pochi detrattori, un’idea di cinema “assoluto”, cioè sciolto da legami, intenzioni comunicative e basi programmatiche, un modo semplice e naturale di parlare una lingua complessa, che vive di regole proprie.
Che poi nel libero gioco della creazione artistica Fellini rivelasse quanto profonde fossero le radici del suo umanesimo è cosa nota. La sua Giulietta fu la donna sul limitare, ormai pronta a buttare alle ortiche tutte le sue etichette, angelo o demone, dama per sirventesi o servetta per contrasti amorosi. Ma è anche la donna che doveva combattere le sue fragilità e trasformarle in doti da difetti che erano.
Nel ’65 Giulietta non fu capita. Il florilegio di accuse dei suoi detrattori è addirittura inquietante, giudizi come “l’immaginazione del regista, in altre occasioni fluida e mobilissima, sembra raggrumarsi e ristagnare” (A.Ferrero, Mondo nuovo, 1965) furono fra i più teneri.

Indagare sulle ragioni di tanta ostilità sarebbe esercizio anacronistico, oggi guardiamo con ammirazione a questo ritratto delicato e ricco di sfumature, intriso di dolcezza e segnato profondamente da quelle forme di violenza sottile che si annidano e lavorano nel tempo, un percorso iniziatico di cui ogni donna fa esperienza, consapevole o meno. L’immaginario onirico di Giulietta, il suo profilo di personalità e le ragioni che l’hanno plasmato diventano arabeschi di un tessuto filmico esuberante, che del barocco ha l’apparenza illusoria, l’andamento sinuoso, l’horror vacui che carica la scena di oggetti, figure, movimenti. Razionale e irrazionale cercano una conciliazione, la nevrosi, favorita da avvenimenti della prima infanzia (le suore incappucciate senza volto, la graticola su cui brucia la Santa bambina nella recita scolastica, il nonno simpaticamente dedito ad un libertinaggio laico e la bellissima madre, metafisica astrazione se confrontata alla sua figurina semplice) vive ora in un conflitto che nasce dall’incapacità di adattarsi ancora alle richieste dell’ ambiente o di trasformarlo. L’inerzia, esito quasi sempre annunciato del conflitto, è però debellata da una volontà caparbia che le dà la forza di gridare: “Tutta la mia vita è piena di gente che parla, parla, parla, andatevene! Fuori tutti di qui!”

Il miracolo è avvenuto, Giulietta è rimasta sola. E felice, di quella felicità che, sola, è dato godere.

“Giulietta degli Spiriti” fa parte delle ristampe curate da Mustang Entertainment, nuovo marchio consociato con CG Home video che recupera capolavori del passato e DVD ancora inediti per il mercato italiano. Insieme a “Giulietta degli Spiriti”, di Federico Fellini sono stati ristampati per la stessa collana anche I Vitelloni, La Dolce Vita e Lo Sceicco Bianco Gli extra di “Giulietta degli Spiriti” contengono una Presentazione di Maurizio Porro / Documentario cinema forever /Ieri oggi domani /Galleria fotografica /Cast artistico e tecnico.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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