Gabe Ibáñez al suo primo lungometraggio realizzato con la sceneggiatura di Javier Gullón (El rey de la montaña) ritaglia per Elena Anaya ( Lucía y el sexo e il nuovo Habitación en Roma, entrambi di Julio Medem) un personaggio complesso immerso in un cinema di ambientazione. Maria perde suo figlio Diego durante una traversata verso l’isola di Hierro, quando in seguito sarà richiamata sul luogo per il riconoscimento del cadavere, valuterà che non si tratta di Diego così da perdersi disperata per i recessi dell’isola e nei labirinti della propria mente. Ibáñez affina la ricerca sulla follia introdotta dal suo primo corto, Maquina, realizzato nel 2007 e premiato a Clermont Ferrand, con un film dalle caratteristiche sensoriali coadiuvato dalla musica in primo piano composta da uno specialista come Zacarías M. de la Riva e dalla fotografia scolpita nei grigi e nel marcio di Alejandro Martínez, fido compare di Gabe Ibáñez sin dai tempi del suo primo corto.
Una superficie impenetrabile fatta di segni, premonizioni, libertà associative della psiche; in questo senso è un cinema suggestivo che tradisce, nel bene e nel male, la formazione pubblicitaria di Ibáñez e che in più di un momento fa pensare ad una digestione un po’ sospetta e superficiale del cinema del notevole Pen-Ek Ratanaruang; nel caso del cineasta Iberico, il tempo non sembra materializzarsi nell’illusione spaziale, come se tutto il visibile fosse stipato in un quadro certamente inquietante, ma che si manifesta in tutta la sua bellezza esibita senza spazio per l’ambiguità. Ibáñez sfrutta tutti i trucchi per sospendere o riavvolgere la pressione della narrazione, utilizzando anche accellerazioni e decelerazioni, scorciatoie del montaggio che avremmo visto bene in un cinema più generico poco preoccupato di far emergere così spudoratamente un’allure di tipo autoriale.
In questo senso Hierro rimane sospeso a metà; da una parte è un’interessante film acquatico, sommerso da suoni e immagini che sembrano generate da un oscuro mondo marino, messa a punto del talento visivo di Ibáñez nel precedente lavoro con gli effetti speciali per Daniel Monzón e Álex de la Iglesia, dall’altra si rivela come incapace a staccarsi da questa bellezza fotografica, capace solo di neutralizzare quel senso di perdita a cui punta in un’operazione che riesce a colpire solo se ci si abbandona al movimento dei volumi e dei liquidi in funzione contemplativa.
Il film è uscito da pochi mesi in versione DVD per il mercato Europeo, è reperibile una versione con sottotitoli inglesi su Play.com per 13,99 euro.