Intorno a House (Hausu) il primo lungometraggio diretto nel 1977 da Nobuhiko Obayashi gravita quell’imbarazzo analitico che circonda quasi sempre i titoli di grande o piccolo culto. E’ la liturgia stessa che precede l’analisi, un’attitudine rischiosa soprattutto nella confusione tra dato reale e mistificazione; se questo non è il caso del film di Obayashi, lo è comunque in termini critici, dove il copia e incolla di parole di sicuro effetto come “bizzarro”, “strano”, “eccentrico” hanno fatto il giro ovunque consegnandoci l’immagine di una meteora completamente fuori dai canoni, un oggetto impenetrabile. C’è del vero e c’è anche una lettura falsificante della storia produttiva del film. Oshare porta con se un sestetto di amiche per passare le vacanze nella casa della vecchia Zia che non vede da molto tempo; quello che il gruppo di adolescenti non sa, è che la casa stessa è stata colpita da una maledizione capace di tramutare gli oggetti della casa in mostri antropofagi, pronti a mangiarsi le sette vergini. Quando Tomoyuki Tanaka, produttore dai grandi numeri per la Toho, commissiona ad un regista di spot televisivi come Nobuhiko Obayashi un film horror a basso budget, gli affida il controllo totale; Obayashi adatta la sceneggiatura da un’idea della piccola figlia Chigumi Obayashi, un approccio che gli permette di rimanere ancorato alle fantasie di un mondo infantile e allo stesso tempo di riferirsi ad alcuni procedimenti desunti dalla scrittura automatica; Obayashi porta dentro il film tutta la forza anarchica e sperimentale del suo lavoro come advertiser, cura gli effetti speciali personalmente facendo un ampio uso di tecniche che includono tutte le possibilità del cinema di animazione del periodo, con risultati sorprendenti. Tutti i motivi tipici del “Kwaidan” vengono frullati in una forsennata vertigine dai colori pop che in un certo senso anticipa il set chiuso e fiabesco di Ai No Borei di Nagisa Oshima e non può non ricordare gli esperimenti di Suzuki sul colore e sulla mutazione dello spazio che toccheranno altissimi livelli tra il 1980 (Zigeunerweisen) e il 1991 (Yumeji). Il cinema di Nobuhiko Obayashi parte in un certo senso da qui e si delinea come uno dei più importanti (e dei meno studiati) del cinema Giapponese, in grado di delinare una via creativa e ingegnosa tra sperimentazione e artigianato; basta pensare, oltre ad House, ad un film magico e astratto come Toki o kakeru shôjo (The Little Girl Who Conquered Time) girato nel 1983, o il precendente Tenkosei (Exchange students), straordinaria commedia sull’identità sessuale inscritta nel corpo di un film per adolescenti. House è stato recentemente ristampato e restaurato in pellicola da Janus Films, che lo ha rimesso in circolazione attraverso una serie di screenings, tra cui quello per il New York Asian Film Festival; considerati i rapporti strettissimi tra Janus e la Criterion, non dovrebbe tardare la pubblicazione di un ricco DVD con il giusto rispetto per colori e formati, che nel caso di House sono essenziali.
Al momento, è possibile acquistare una copia di House per il mercato europeo, recentemente pubblicata (gennaio scorso) da Eureka Entertainment che oltre ad un ricco booklet corredato di illustrazioni, manifesti e riproduzioni di tavole originali contiene ben 90 minuti di contenuti extra tra interviste, featurettes e making of.
Su play.com è possibile ottenere una copia senza spese di spezione
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La pagina di House su Janus Film
Un saggio sul cinema di Obayashi su Midnight Eye