giovedì, Dicembre 19, 2024

I primi della lista di Roan Johnson (DVD CG – 2012)

[box title=”I primi della lista di Roan Johnson (DVD CG – 2012)” color=”#5C0820″]I primi della lista

Italia  2011 durata 85’

di Roan Johnson con Claudio Santamaria, Francesco Turbanti, Paolo Cioni, Sergio Pierattini, Daniela Morozzi, Pierpaolo Capovilla

Formato video: 16/9 1.85:1
Audio: Italiano Dolby Digital 5.1
Sottotitoli: Italiano per non udenti
Extra:  Intervista a Roan Johnson | Ciak scartati | Trailer

Acquista il dvd de “i primi della lista” [/box]

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Linea di confine – così Roan Johnson definisce questa storia negli extrascorre tra l’innocenza e l’ingenuità del ’68 e le stragi e la strategia della tensione che arriveranno dopo.

Il 1970 non fu un anno qualsiasi, stretto fra quel 12 dicembre 1969 e quell’altro, famigerato, 8 dicembre 1970.

Piazza Fontana e il golpe tentato, fallito, stranamente rientrato prima ancora di cominciare di Junio Valerio Borghese, i misteri d’Italia ai blocchi di partenza e, in mezzo, mesi in cui la tensione era palpabile, i giovani politicamente impegnati in fibrillazione, la gente comune meno, spesso ci si accorge solo dopo del pericolo corso. Proviamo allora ad immaginare come potessero sentirsi, quell’anno, due normalissimi ragazzotti pisani di Lotta Continua, Renzo Lulli (Francesco Turbanti) e Fabio Gismondi (Paolo Cioni), prossimi all’esame di maturità (allora si chiamava ancora così) e, nonostante fosse già giugno, decisi a “perder tempo” (nell’ottica dei genitori) per prendere lezioni di chitarra da uno “giusto”, tale Pino Masi (Claudio Santamaria), ben conosciuto nei collettivi e fondatore del Canzoniere Pisano, uno che contava davvero nei circoli della sinistra extra strong, quello che con la Ballata del Pinelli faceva sempre venire le lacrime agli occhi, di rabbia.

La storia é una specie di leggenda urbana, la conoscevo – continua Johnsona Pisa si racconta sempre come quelle cose che si dicono quando si è nei pub a bere una birra.

Scritta dal più giovane dei protagonisti, Gismondi, che allora aveva 18 anni, non é un docu-film, anche se all’inizio l’idea era partita così, é una commedia anomala, un episodio buffo e paradossale che, però, racconta quegli anni e lo fa in modo stralunato, diverso. Si ride, perché é impossibile non farlo, e poi si resta lì a pensare a come eravamo, a come potevamo essere e a come siamo diventati.

Uno di quei film, insomma, a potenziale empatico forte, film-verità capace di attrazione come una storia fantastica, ma con un credito in più, la storia é vera e la leggerezza, lo humour, la capacità di affabulazione tanta. I primi della lista racconta la storia, forse unica, di tre ragazzi di Pisa che credevano stesse per scoppiare un colpo di Stato, ma lo credevano solo loro, più che altro lo credeva il Masi, ma il suo carisma era forte e Renzo e Fabio, sempre con quella faccia tra ingenua e perplessa, si lasciarono trascinare. Era l’estate del ’70, e mentre gli amici se ne stavano in spiaggia a sentire Battisti e i suoi Fiori rosa fiori di pesco e a rimorchiar ragazze, loro fuggono verso il confine per scampare al golpe. Potevamo noi immaginare che dopo qualche mese il golpe sarebbe stato tentato davvero?

E’ la storia di quel pezzettino di giovinezza che ha deciso il loro destino successivo di brave persone, coerenti con le proprie idee e cambiati solo nel corpo, stando a quel che si vede nell’ultima scena, quando il regista decide di farceli conoscere insieme ai loro interpreti. Oggi sono anziani signori che in quarant’anni hanno modellato la loro vita, fatto scelte importanti, val la pena di vederli accanto ai loro interpreti, così calati nella loro parte da creare un suggestivo effetto di sdoppiamento. Renzo, Fabio e Pino non sono entrati negli Annali della storia patria, i nomi li ricordano solo a Pisa, furono il tormentone per anni, ci risero su tanto in città, ma poi anche lì molti li dimenticarono.

Erano solo tre “picari” dei nostri tempi, di quegli anni vivevano i riti e i miti, ma, soprattutto, parlavano quel linguaggio. “I primi della lista”: era una delle formule più diffuse. Masse di diciotto/ventenni (ma c’erano anche parecchi “fuori corso”) al grido di “Fascisti, borghesi, ancora pochi mesi!” si sentirono eredi ideali di tempi tristi ed eroici, quando squadracce dal manganello e purga facili inseguivano e colpivano duro. E tante volte succedeva, in effetti, forse non come negli anni venti, ma quanto bastava per immaginare i fascisti sempre dietro l’angolo e la minaccia di cose tremende nell’aria. Era facile convincersi, o lasciarsi convincere, che stesse per accadere qualcosa di grosso e vedersi come i “primi della lista”, destinati a confino, galera, tortura e chissà quant’altro. Erano gli incubi notturni dei nuovi carbonari. Il fatto é che quella di Renzo, Fabio e Pino fu la classica falsa partenza. I compagni venuti da Roma con aria misteriosa, una colonna di blindati dell’esercito scambiata per una minacciosa formazione militare (in realtà stava andando a Roma per la parata del 2 giugno), in Grecia Papadopoulos aveva fatto quel che aveva fatto poco tempo prima…insomma c’era di che tremare. E poi circolavano messaggi del genere: “Compagni, dormite fuori casa per tre, quattro notti. Se fanno il putsch vi vengono a prendere a casa uno per uno”.

Renzo, Fabio e Pino decisero di scappare oltre confine (vedremo quale) per chiedere asilo politico. I primi della lista é un inedito “come eravamo” per chi é vissuto davvero in quegli anni, ed é una scoperta per chi ne sa poco.

Sarà la distanza nel tempo che dà uno sguardo lucido e dissacratore sulle cose, sarà l’accoppiata vincente di Roan Johnson, regista e sceneggiatore, e Davide Lantieri, co-sceneggiatore, ma con un film così si entra in un osservatorio molto poco ortodosso nel modo di parlarne, ma anche tanto reale nel far vedere certi spaccati dell’Italia di allora. Il paese era anche così, c’erano i morti e ce ne sarebbero stati ancora, c’erano nostalgie revanchiste e fascismi redivivi, ma il fascismo, quello vero, era nei  nuovi poteri forti destinati a durare ben oltre un ventennio, e la maggior parte della gente fece fatica a capire cosa succedeva veramente. La strategia della tensione passò sulle teste di tutti, e se i nostri tre ingenui scalmanati scapparono con una vecchia cinquecento finendo in una cella austriaca, tanti altri finirono in una spirale infernale, e quando se ne resero conto fu troppo tardi. Questo dunque, conoscendo i fatti, riusciamo a pensare vedendo i tre zuzzerelloni  pieni di sacro fuoco ideale, ma anche di tanta paura, mentre filano via prima verso la Jugoslavia, terra di compagni in lotta contro la borghesia imperialista, e poi, spaventati da guardie di frontiera non proprio gentili, dopo aver constatato che i compagni titini non erano esattamente come quelli di sezione, girano la rotta verso il confine austriaco dove accadranno cose davvero esilaranti. Non c’é irrisione o sottovalutazione del momento storico e delle sue vicende dolorose, men che meno sospetti di revisionismo. Tutto é detto e fatto capire nel modo giusto, e non solo con i filmati di repertorio su Grecia e Italia. Si tratta, però, di una commedia, e come tale coglie nella tragedia quelle componenti comiche che già sir William Shakespeare c’insegnò a trovare, tra un cupo scenario e l’altro. Senza voler fare accostamenti impropri, va comunque detto che il meccanismo del comico non chiede il permesso a nessuno, scatta inevitabile per lo spettatore onnisciente che sa come stanno le cose. Si tratta di uno di quei classici ribaltamenti della realtà che in ogni commedia che si rispetti producono la risata. E qui se ne fanno davvero molte, ma si riesce anche a pensare a quanti, invece di scappare, sono finiti in clandestinità e poi morti o in galera.

E mentre sui titoli di coda il Masi canta De André (con quella voce fantastica che De André stesso, all’epoca, trovava migliore della sua): “Quello che non ho è una camicia bianca/ quello che non ho è un segreto in banca / quello che non ho sono le tue pistole / per conquistarmi il cielo per guadagnarmi il sole…” rivediamo le facce di Renzo, Fabio e Pino, quelli veri, e ci sentiamo meglio pensando a quello che hanno fatto, dopo, della loro semplice vita. La rivoluzione, quella vera. E così torna alla mente ancora De André: “E se credete ora/ che tutto sia come prima/ perché avete votato ancora/ la sicurezza, la disciplina, / convinti di allontanare / la paura di cambiare / verremo ancora alle vostre porte/ e grideremo ancora più forte / per quanto voi vi crediate assolti / siete per sempre coinvolti.”.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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