Home Digital Qualcosa Striscia nel Buio di Mario Colucci (CG Homevideo/Cinekult, 2012)

Qualcosa Striscia nel Buio di Mario Colucci (CG Homevideo/Cinekult, 2012)

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Titolo Originale: Qualcosa Striscia nel Buio
Origine/Anno:Italia, 1971
Formato video:16/9 1.66:1
Audio: Italiano Dolby Digital 2.0
Sottotitoli: Italiano per non udenti
Extra: Something Weird, Intervista a Manuel Cavenaghi, Roger A. Fratter, Davide Pulici -Trailer

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Una coppia in crisi coniugale; un medico e la sua assistente; un ispettore ed il suo vice con criminale a seguito; un professore esoterista; un ambiguo padrone di casa e la propria amante, sono i dieci piccoli indiani protagonisti della pellicola di Mario Colucci, sua seconda ed ultima prova da regista (dopo il western sadiano Vendetta per Vendetta), prima di scomparire letteralmente nel nulla.

I dieci protagonisti si ritrovano, loro malgrado, intrappolati nottetempo in una grande casa sperduta in campagna, per via di un’alluvione che blocca l’accesso alle strade intorno. Qui, però, una presenza misteriosa, lo spettro della vecchia proprietaria della casa scomparsa in circostanze poco chiare, turba la quiete del luogo e rievocata durante una seduta medianica, non tarderà ad abbattersi sui malcapitati.

Il film si pone idealmente al crocevia tra due scuole del cinema nero nostrale: muovendo da goticismi d’impostazione classica anni ’60 e giungendo al thriller argentiano. Virando, poi, nettamente in horror sovrannaturale ma rimanendo ancorato agli stilemi tradizionali del genere gotico, soprattutto per quel che riguarda le psicologie dei personaggi e i tempi e i modi in cui la trama viene svolta.

La paura in Qualcosa Striscia nel Buio giunge lentamente, con estrema calma, senza gore; l’erotismo è una velatura sottile; la linearità della narrazione va complicandosi in sequenze indecifrabili (il sogno di Sylvia); la tensione però si mantiene viva, calato com’è il film, in quell’atmosfera sospesa, onirica, che lo pervade integralmente. Al mantenimento della quale non poco contribuisce lo score di Angelo Lavagnino che, peraltro, si produce anche nella sua unica performance attoriale, nel ruolo del professore. Anche Dino Fazio, l’attore che interpreta l’ispettore, si è prestato occasionalmente alla recitazione (ma non per la prima volta: tra le sue rare apparizioni addirittura una comparsata in Ben Hur), essendo in realtà il produttore della pellicola; anch’egli scomparso del nulla come Colucci ma anche come la misteriosa Giulia Rovai (alla sua unica interpretazione) e Mia Genberg (che con questo film chiuse la sua breve carriera). Mentre Franco Beltramme (il detective Sam) è in realtà uno stuntman.

Alla fotografia di Giuseppe Aquari, si deve almeno metà della riuscita del lavoro. Il film, infatti, vive di quadri visivi eccellenti per impostazione prossemica; di colori profondissimi e di chiaroscuri baviani. Per non dire delle riprese aeree per i corridoi della villa, alludenti alla manifestazione spiritica, con le stesse architetture dell’abitazione, le sue stanze, i suoi anditi, che accrescono di molto il senso di straniamento, di suggestione quasi pre-lynchiana, che investe tanto i personaggi quanto lo spettatore. Riuscendo a trasmettere un reale sentore di panico, che sbocca, in brevi ma efficaci momenti, in orrore vero e proprio (la possessione di Donald).

Il cast, singolare come s’è visto, conta al suo interno, tra gli altri, anche una scostante ancorché bellissima Lucia Bosè; Giacomo Rossi Stuart, in un ruolo perfettamente nelle sue corde; il viscontiano Farley Granger e Stelvio Rosi, più a suo agio in ruoli western. Gianni Medici aveva già lavorato con Colucci in Vendetta per Vendetta, così come sua moglie Loredana Nusciak, qui nel ruolo della defunta padrona di casa, che però appare soltanto in foto.

Va detto che nessuno degli interpreti dà il meglio di sé: tutti appaiono estremamente legnosi (specie Fazio) ed i dialoghi sono spesso molto forzati ma non più del 90% della produzione italiana di genere di quei tempi. Ne risulta un ottimo, atipico, lavoro di artigianato in celluloide, malgrado o forse proprio per la limitatezza dei mezzi in campo. Un misterioso tardo gotico, che meritava largamente di essere ripescato dagli archivi, essendo, con tutte le sue peculiarità, un ottimo esempio di cinema nero italico. Per molti aspetti superiore a titoli già ben sedimentati nell’immaginario degli amanti del genere.

L’edizione Cinekult è impeccabile, malgrado certe ricorrenti sgranature dell’immagine, probabilmente da imputare alle condizioni della pellicola originale. Audio italiano in dolby 2.0 e formato video in 16:9. Come sempre nella collana curata da Manlio Gomarasca, nella sezione extra un dettagliatissimo documentario sul film.

 

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