domenica, Novembre 17, 2024

The Habit of Beauty di Mirko Pincelli: la recensione del DVD CG Entertainment

The Habit of Beauty, esordio alla regia di Mirko Pincelli, è una creatura particolare: coproduzione italiana e inglese del 2016, ha le qualità dell’essere acerba. Se è infatti vero che più di una volta si è portati a storcere il naso di fronte ad alcuni mancanti o carenti sviluppi narrativi, altrettanto vero è che come tutto ciò che è ancora in fieri, il film non manca di riservare sorprese, spunti creativi che fanno puntualmente da contrappeso.

Il risultato è un’opera prima insolita, dalle soluzioni a volte discutibili ma sempre originali; un’interessante riflessione (quasi) metacinematografica sul valore essenziale della forma; un dramma nel complesso calibrato, costruito sulle geografie degli spazi come dei volti, in favore di una mano mai troppo calcata sulla vicenda in sé.

Lo sguardo da documentarista di Pincelli (questo il suo trascorso prima dell’approdo al cinema di finzione) si traduce efficacemente in elaborate inquadrature di Londra e del Trentino, non solo teatri dell’azione, ma protagonisti, l’una asettica e inospitale, l’altro amato odiato rifugio, madre accogliente e, insieme, dolorosamente sincera, alla stregua di Ernesto, Elena ed Ian, figure cardini della storia.

I primi due, interpretati da Vincenzo Amato e Francesca Neri, entrambi ora redivivi nell’humus londinese dopo un trascorso in Italia che li ha segnati, si traghettano a stento in avanti, ai piedi la zavorra del senso di colpa per la morte del loro unico figlio in un incidente a cui entrambi sono sopravvissuti; il terzo (Nico Mirallegro), adolescente cresciuto nel degrado metropolitano, non ha altre prospettive se non quella di sopravvivere dall’interno al marcio sistema del mondo dello spaccio, dell’alcol, della droga, fatto di minacce e violenze gratuite.

Quando Ernesto, fotografo che da tempo ha rinunciato alla sua professione, incontra Ian proprio mentre questo è in prigione, nasce in lui, da poco consapevole di essere malato terminale, un sentimento di paterna cura, una palese volontà di percorrere finalmente un cammino di espiazione, di affrontare un lutto mai veramente vissuto e, di conseguenza, superato.

Il ragazzo, una volta di nuovo in libertà, suo talentuoso ma improbabile assistente nell’allestire quella che Ernesto pensa sarà la propria ultima mostra, si fa così tramite per riagganciare Elena, di mestiere gallerista.

E’ una strana alchimia quella che scorre fra i tre, il legame cresce forte quanto indefinito, l’incrociarsi dei loro destini li porta ad affrontare conti in sospeso con se stessi prima che con gli altri, verso una catarsi finale che, in un crescendo ritmico, riporta l’obiettivo in Italia, chiude il cerchio del film e, senza cadere nel didascalico, suggerisce che non è mai troppo tardi per affrontare di petto la vita.

Non è un caso che tra i contenuti extra del dvd distribuito da CG Entertainment, oltre al trailer, vi sia una galleria fotografica comprendente le scene salienti del film e alcuni scatti che ne immortalano la lavorazione. Sono proprio le scelte dell’esperto Fabio Cianchetti, infatti, a contribuire alla buona resa di The Habit of Beauty, che, da un punto di vista stilistico, può senz’altro dirsi maturo.

Una nota di merito è da riservare però anche alla colonna sonora: la musica di Peter Michaels rimanda a un brit rock in perfetta sintonia con le scene urbane, caricandosi poi di valenze metafisiche nei passaggi più lirici.

I’m never going back to you, I’m never going to see you again” cantano i Morphine: la loro “Gone for good” fa da sottotraccia al momento più intimo e intenso del film, resta nella memoria.

Veronica Canalini
Veronica Canalini
Critica Cinematografica iscritta al SNCCI. Si anche classificata al secondo posto al concorso di critica cinematografica “Genere femminile: quando le donne criticano il cinema” indetto da Artemedia, oltre a scrivere di Cinema per Indie-eye, si è occupata di critica letteraria per il Corriere del Conero.

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