domenica, Dicembre 22, 2024

The longest nite di Patrick Yau (Far East Film DVD, 2012)

[box title=”The longest nite di Patrick Yau (Far East Film DVD, 2012)” color=”#5C0820″]

Titolo Originale: The longest nite
Formato video: 16/9 2.35:1
Audio: Cantonese Dolby Digital 2.0 | Cantonese Dolby Digital 5.1 | Italiano Dolby Digital 2.0 | Italiano Dolby Digital 5.1
Sottotitoli: Italiano | Italiano per non udenti
Extra: “”L’attesa degli (anti) eroi: Intervista a Emanuele Sacchi | Conferenza stampa di presentazione del film | Dietro le quinte | Trailer della linea Far East

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Piuttosto complicata la questione che riguarda la paternità di The longest nite, non meno della sua trama che sembra ispirarsi ai tortuosi intrecci etilici di Raymond Chandler. Attribuito ufficialmente a Patrick Yau, al tempo giovane leva della Milkyway, il film è stato oggetto di parecchie polemiche da parte di Johnnie To, che ha dichiarato di essere, in compagnia del socio Wai Ka-fai, il reale artefice del progetto. Stando alle parole dell’asso del noir made in Hong Kong, lui e Ka-fai sarebbero intervenuti nella lavorazione, principalmente riscrivendo la sceneggiatura, dopo aver appurato che la situazione stava sfuggendo di mano a Yau. Pur essendo difficile stabilire con accuratezza la provenienza di ogni singolo gene di The longest nite, non si può negare che traspaia in maniera piuttosto evidente un massiccio influsso di To. Si ritrovano, infatti, i leitmotiv del suo cinema, a partire dalla predilezione per personaggi che sono dei subalterni nel mondo della malavita, fino ad arrivare alla rappresentazione degli inquietanti effetti prodotti dalle oscure traiettorie del fato.

I protagonisti del film, il poliziotto prezzolato Sam (Tony Leung Chiu-wai, faccia buona del cinema hongkonghese qui dirottato verso l’abiezione) e il killer Tony (Lau Ching-wan, attore di punta della Milkyway), sono dei manovali del crimine a cui viene affidato il lavoro più sporco, efficienti ma non insostituibili e, all’occorrenza, tranquillamente sacrificabili pur di far quadrare gli intricati giochi di potere dei piani alti delle Triadi. La grande fuga del primo (finito in una vischiosa rete di complotti ordita dai boss di Macao, fra loro in guerra per aggiudicarsi la supremazia sul territorio) sarà un ininterrotto susseguirsi di angoscianti sorprese, in una notte dove si consumeranno tutte le più artificiose strategie del doppiogioco; dove la verità è già stata interamente inghiottita dal buio.

The longest nite si muove nel solco di un irrimediabile nichilismo (un nichilismo affine a quello di Expect the Unexpected, altro film di Yau dalla filiazione controversa): in un mondo dove è sempre più arduo leggere gli eventi e prevedere le reazioni, tanto la logica dell’agire è diventata aleatoria, e il crimine oramai ha fatto a meno dei suoi tradizionali codici, per quanto paradossali, la darwiniana selezione naturale da spietata si fa agghiacciante. Servirà poco a Sam spuntarla col sicario che lo vuole seccare e sostituirsi a questo, ricorrendo allo stesso look per eludere tutti gli altri che vogliono la sua testa: cacciato il destino dalla porta principale, questo ritornerà dal retro presentando sempre il solito conto.

In questa cupa atmosfera da basso impero di The longest nite – che non è dovuta soltanto a ragioni estetiche ma è anche il riverbero di quel sentimento di disillusione sorto all’indomani dell’handover di Hong Kong – a farla da padrona è la dimensione dell’attesa, momento di massima apprensione e congelamento temporale, intervallo preparatorio alle cruentissime scene di violenza (che qui raggiungono vette piuttosto elevate, nel pieno rispetto degli standard Milkyway) che precedono lo sgomento finale dello spettatore nell’istante lungo un battito di palpebre in cui si assiste all’aborto di ogni speranza.

Oltre ai clip del trailer, della conferenza stampa e del backstage, negli extra di questa edizione Cg Home Video è presente una succosa intervista al critico cinematografico Emanuele Sacchi, nella quale svolge una dettagliata analisi del film e racconta alcuni fasi salienti dell’epopea Milkyway.

 

 

Diego Baratto
Diego Baratto
Diego Baratto ha studiato filosofia all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si è laureato con una tesi sulla concezione del divino nella “Trilogia del silenzio di Dio” di Ingmar Bergman. Da sempre interessato agli autori europei e americani, segue inoltre da vario tempo il cinema di Hong Kong e Giappone. Dal 2009 collabora con diverse riviste on-line e cartacee di critica cinematografica. Parallelamente scrive soggetti e sceneggiature.

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