giovedì, Dicembre 19, 2024

The rise and fall of the Clash di Danny Garcia: la recensione

The rise and fall of the Clash, il primo documentario diretto da Danny Garcia, finalmente vede l’uscita in home video per il mercato Europeo a due anni dalla prima proiezione. Sembra assurdo dover aggiungere qualcosa alla storia dei Clash, una delle formazioni inglesi che più ha contribuito all’evoluzione del rock mondiale. E invece Garcia racconta una storia laterale, quasi diversa, attraverso le testimonianze dei protagonisti più in vista (Mick Jones su tutti, mai recalcitrante nel ripercorrere la sua storia nel gruppo), ma anche degli addetti ai lavori  e session man (Tymon Dogg, la bodyguard Ray Jordan, Mickey Gallagher), delle persone più vicine alla band (Pearl Harbor, ex moglie del bassista Paul Simonon, Vic Godard) e degli storici come Pat Gilbert, biografo della band in Death or Glory.

Questo film non è il primo a raccontare chi erano i Clash, ma lo si può considerare come uno dei più importanti e necessari per l’approfondimento con cui affronta la biografia del gruppo. Se The Future is Unwritten di Julien Temple parla della costruzione del mito intorno al fragile Joe Strummer, se Westway to the World di Don Letts è la celebrazione dell’influenza musicale, politica e sociale che ebbero i Clash, con la presenza di tutti i componenti originari intenti a dipanare la matassa caotica della loro storia, The Rise and Fall... vuole parlare di quello che in parte è stato lasciato fuori dai contesti più o meno celebrativi o agiografici, ovvero la rovinosa fine del gruppo.

Dopo l’ufficiale scioglimento della formazione originale, con l’epurazione di Jones pochi anni dopo quella del batterista Topper Headon, Strummer e Simonon cercheranno ancora di tenere il gruppo insieme. In seguito alla maestosità dei concerti allo Shea Stadium di New York, la band valuterà la possibilità di recuperare le radici punk dissolte durante la ricerca del successo. E così si va a riformare un nuovo gruppo, formato da addirittura cinque membri: si aggiungeranno a Strummer e Simonon il giovanissimo Pete Howard alla batteria e alle chitarre Vince White e Nick Sheppard. Se la fase ascendente della fama in Europa e oltreoceano è ricca di caos, droghe, alcol, stress da lavoro, la fase discendente vedrà fallire quel tentativo di depurazione dal successo sotto il peso dell’assenza di un progetto valido, di ruoli non definiti, pretese assurde e imposizioni dittatoriali. Un album vedrà la luce, Cut the Crap, rinnegato dallo stesso Strummer, e un tour da busker che forse è l’esperienza più felice di quel periodo tra il 1983 ed il 1985. Le lacune di questa storia che è stata voluta dimenticata diviene di fatto la parte più interessante del film, sia perché meno nota, sia perché di forte intensità drammatica.

The Rise and Fall… in questo senso non è un documentario musicale “standard”. I Clash sono un soggetto su cui sarebbe facilissimo fare un docufilm: le fonti fotografiche e video sono originali, in ottimo stato, e si prestano benissimo a raccontare sotto l’estetica punk-rock la leggenda di un gruppo che seriamente ha cambiato la vita di moltissime persone. Niente quindi da eccepire riguardo il materiale documentale, anche perché chi ha già visto Westway to the World e The Future is Unwritten ritroverà in un certo qual modo le stesse immagini. Ma è il contenuto, il modo in cui questi materiali sono organizzati, la vera forza del lavoro di Garcia.

Il dramma umano che consuma Joe Strummer a causa di questa ricerca ostinata di un nuovo futuro per la band diverrà la sua croce, tant’è che fino al 1995 non riterrà di dover “scendere in campo” con una nuova formazione che porterà il suo nome (Joe Strummer and the Mescaleros), limitandosi a collaborazioni cinematografiche e a quelle musicali con l’ex compagno di vita Jones nei Big Audio Dynamite o con i nipoti acquisiti Pogues. Oltre a questo, si mostra la triste fine di Topper Headon, protagonista mai accettato del gruppo, presente nelle immagini e nelle parole dei protagonisti ma relegato nel suo eremo natìo, Dover; le sorti dei “rimpiazzi” Sheppard, Howard e White, affaticati dalle pretese creative, dal bullismo crescente, dal fallimento istantaneo del progetto.

E poi lui. Bernie Rhodes, il  “manager” nell’accezione peggiore del termine, il Malcolm McLaren dei Clash, un misto tra la spinta verso il successo di  Brian Epstein e la pazzia di Phil Spector e di Andrew Loog Oldham. La sua figura viene più volte definita come dittatoriale, manipolatoria, capace di pensare fuori dagli schemi ma con la minima mancanza di buon senso. Un esempio lo riporta Mick Jones: “dopo essere tornati dagli Stati Uniti, andammo nei nostri studi di Camden Town per registrare del nuovo materiale, e Bernie ci impose di suonare dei pezzi in stile New Orleans. Eravamo fino ad allora negli Stati Uniti, perché fare questo una volta tornati in Inghilterra? E’ ridicolo”. La cronistoria porterà i Clash all’autodistruzione e Rhodes ad un arricchimento economico smisurato, come nella peggiore tradizione capitalista applicata al rock’n’roll.

 The Rise and Fall…, paradossalmente, può essere visto anche da chi non ha un’interesse particolare nella musica dei Clash, perché sviluppa un discorso dalle caratteristiche universali: le interazioni tra noi ed altri, le dinamiche di un gruppo, la sociologia spicciola dei rapporti interpersonali. Potremmo anche scomodare il Foucault di Sorvegliare e punire, la propensione alla guerra di radice futurista, l’emotività che trancia la ragione dei dettami nietzschiani, ma in realtà parliamo di individui semplici, alle volte naif come Joe Strummer, alle volte sognanti come Jones, che alla prova dei fatti hanno combattuto per vivere la loro vita al meglio e spesso ne hanno pagato le conseguenze.

Evidentemente affascinato dai fenomeni entropici, Danny Garcia, dopo questo primo lungometraggio, ha appena finito di post produrre Looking for Johnny  inusuale biografia documentale sulla carriera di Johnny Thunders dagli inizi fino alla misteriosa morte del ’91,   sta per presentare il suo primo film di fiction, un western girato interamente in Almeria, come nella tradizione dei migliori Western Italiani tra il sessanta e i settanta, intitolato Six Bullets to hell, ed infine sta lavorando al suo terzo documentario, previsto per il 2015 e intitolato Sad Vacation, anche questo un racconto su due icone del punk rock affrontato in forma non convenzionale, che si preannuncia sulla carta molto controverso, dedicato a Sid Vicious and Nancy Spungen.

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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