L’esordio di Mike Leigh risale al 1971 e s’intitola Bleak Moments, momenti cupi. Come Ken Loach, Leigh non riuscì a proseguire subito lungo la strada del cinema e si concentrò sul piccolo schermo. Sotto le ali protettive della BBC, Mike Leigh ha sviluppato un universo bighellone e chiacchierino fatto di sbandati, coppie sclerotiche, ricchi stronzi e storie di quotidiana alienazione. Due titoli per tutti: Nuts in May (1976) e Abigail’s Party (1977). Tra il 1988 e il 1993 ha diretto Belle speranze, Dolce è la vita e Naked, rielaborazioni filmiche dei suoi topoi (e scusate il topoi), dopodiché, per così dire, si è musealizzato. Segreti e bugie (1996, palma d’oro) è un centone dei suoi personaggi ricorrenti, Ragazze (1997) è la risposta alla provocazione Mike, non usci mai il flashback!, Topsy-Turvy (1999) è la risposta alla provocazione Mike, non fai mai film in costume!, Tutto o niente (2002) è una commistione di Dolce è la vita e Segreti e bugie, e Vera Drake (2004, leone d’oro) è un film di denuncia fuori tempo massimo, spazzato via dall’urgenza di Quattro mesi, tre settimane e due giorni di Cristian Mungiu (2007) che affronta lo stesso tema, solo cambiando il tempo e il luogo.
Da Happy-Go-Lucky – letteralmente: persona spensierata – non ci si poteva aspettare grandi novità. Da un punto di vista tecnico, il cinema di Leigh è sempre uguale a se stesso. Le riprese si svolgono dopo un lungo, lunghissimo periodo di prove con gli attori. L’impostazione è sempre teatrale ma nell’accezione positiva, esuberante, non ingessata del termine. La regia è quindi al completo servizio della recitazione, ed è ben servita dalla fotografia luminosa di Dick Pope e dal montaggio puntuale di Jim Clark. Le musiche, in questo caso di Gary Yershon, sono onnipresenti con le loro melodie tra il fischiettante e il malinconico, dominate dai fiati. L’intera produzione è nelle mani del fido Simon Channing-Williams. Fino a qui, niente di nuovo sotto il sole.
La grande sorpresa di Happy-Go-Lucky è che si ride, e si piange (ma soprattutto si sorride di gusto) come non accadeva da vent’anni. Il film segue la protagonista Pauline, detta Poppy (Sally Hawkins, volto noto del cinema di Leigh), maestrina trentenne dall’entusiasmo incrollabile. Punto. Si potrebbe dire che ovviamente non tutto va per il giusto verso, e che Poppy è un ennesimo personaggio femminile sghembo e vitale della galleria di Leigh. Si potrebbero dire molte cose per pepare una sinossi così apparentemente idiota, ma tale è. Centodiciotto minuti di allegria che non stanca, né imbarazza. Come suolsi dire: un feel good movie. Non stona neppure una scena digressiva, notturna, a base di barbone delirante, che sembra uscita da Naked. Ma Happy-Go-Lucky è, più che un film allegro e spensierato, un miracolo di misura e di generosità emotiva. Con sequenze esilaranti come le lezioni di flamenco o quelle di guida, in cui appare Scott (Eddie Marsan), ultimo nato della lunga serie di disadattati usciti dalla penna di Leigh, tutti affetti da troppa solitudine e da tanta paura. Combattere la paura col buonumore potrà sembrare uno slogan facile facile, ma nell’atteggiamento di Poppy c’è una pervicacia razionale che va ben oltre l’ottimismo. C’è, se vogliamo, una Risposta.