Profonda provincia francese, sole, vento, primavera. Immagini semplici come un bicchier d’acqua, e un cielo che è sempre più bianco. Jacques Doillon ci scaraventa in medias res, nel bel mezzo del dialogo serrato & surreale tra una ragazza di buona famiglia (Clémentine Beaugrand) e una sorta di Bobby Peru in miniatura (François Damiens). I due si sono incontrati poco prima e hanno fatto l’amore. Non si conoscevano. Lui è davvero il primo venuto ma lei non si vuole rassegnare, dogmaticamente caparbia come i molestatori della protagonista di Arumdabda. Nonostante lui, Costa, abbia moglie e figlia – che non vede mai. Nonostante lui la respinga. Nonostante lui sia davvero uno qualunque, una mezza calzetta di provincia. Di lì a poco, nel quadro entrano un poliziotto perennemente in borghese che s’innamora della ragazza (siamo ancora dalle parti di Arumdabda…) e un losco agente immobiliare.
Giunto al suo ventisettesimo film in ventisei anni, Doillon dota Le premier venu di un incipit fulminante e di un chiacchiericcio che insieme all’estrema quotidianità dell’insieme, ricorda il Rohmer più marino e rilassato. Con la differenza sostanziale che le chiacchiere del film di Doillon, dopo qualche decina di minuti, non portano da nessuna parte. Parallelamente, la trama comincia a incapricciarsi e quando Costa estrae una pistola, lo smarrimento è totale. Molto “francese”, tutto ciò: una narrazione in forma di balade, che vaga tra i luoghi e i personaggi come una foglia mossa dal vento e a volte si ferma, come lo sguardo della ragazza fisso su Costa. Lui le dice basta, smetti, arrossisco. Niente. Lei lo guarda.
Doillon è quello che si dice un autore di nicchia. Esperto nel raccontare storie di estremi che si attraggono – e Le premier venu non si discosta da questa etichetta – il regista ha fatto parlare di sé per la violenza de La pirate (1984), con la sua compagna di allora Jane Birkin, per Petit criminel (1990: titolo programmatico, nonché esordio di Damiens), per Le jeune Werther (1992) e Ponette (1996), che portò la Coppa Volpi nelle manine della sua protagonista Victoire Thivisol, anni quattro. Anche in Just anybody (questo il titolo internazionale) troviamo una piccola attrice, che duetta con François Damiens in una delle scene più azzeccate. Il film ruota tuttavia attorno alla quieta volubilità di Camille, la protagonista femminile, alle movenze da piccolo criminale di Costa, al ping pong dei dialoghi e allo sviluppo quasi “rizomatico” della situazioni, a volte piacevoli e bizzarre, spesso semplicemente verbose. Se la prima ora di pellicola regge, la seconda diventa un’agonia. Sfrondato di quaranta minuti, Le premier venu sarebbe un bel film. Così com’è, è destinato a prosciugare anche le pazienze più sante. Doillon ha girato la pellicola con pochi mezzi e vi ha innestato, come unico commento sonoro, un concerto per piano di Debussy. Impagabili i titoli di testa in Comic sans.