Vasco Rossi è invecchiato e si vede. Consapevole degli anni che porta e con un filo di malinconia che traspare costantemente dagli occhi il Komandante racconta nel documentario di Fabio Masi il ‘Vasco pensiero’ attraverso momenti passati e più recenti della sua carriera. Il decalogo, più deduttivo che effettivo, viene raccontato al pubblico in un immaginario e surreale viaggio in auto di due fan con alle spalle la sagoma di Vasco, alternato da dieci (sogni) capitoli in cui la rock star di Zocca in carne e ossa racconta se stesso e la sua filosofia di vita. Ad emergere più che la qualità dell’opera, spesso sfilacciata e poco coerente, è la personalità di un uomo di 63 anni che dopo più di 40 anni di carriera, diverse decine di milioni di album venduti e tournée trionfali che non hanno eguali nei cantati nostrani decide di parlare di se stesso. Lo fa alla sua maniera con toni disincantati e un linguaggio da eterno ragazzo di provincia che lo ha reso così vicino ad un paese provinciale, nel bene e nel male, come il nostro.
Innanzitutto emerge il quadro di un uomo che non si arrende e crede nella sua missione di cantante, è consapevole che il suo pubblico lo attenderà sempre e comunque. Lui non vuole deludere, sa di esserci e soprattutto vuole esserci. Un viaggio che parte dal lato istintivo e genuino delle sue canzoni, sfiorando i problemi di salute degli ultimi anni che lo hanno portato a un ritiro fisico/spirituale in spiagge nascoste della Puglia, ai laboratori di scrittura, all’ultimo recente tour Live Kom 2015 che lo ha riconsegnato al suo pubblico.
Proprio dal palco emerge un uomo imbolsito, fiacco nei movimenti ma con sempre tanta grinta da vendere alle migliaia persone di ogni età accorse per lui. Si tratta di un rapporto simbiotico quello tra Vasco e il suo pubblico. Per altri cantanti della sua generazione si proverebbe tenerezza per il Komandante si prova ammirazione.
Visti i 40 anni di carriera di Vasco, l’abbondanza di materiale e di spunti a disposizione, sicuramente da un autore che è anche producer di Blob ci si poteva aspettare un prodotto migliore e più originale anche in termini combinatori, basta pensare alla scelta del viaggio con la sagoma alternata ai ‘sogni’ recitati dal Vasco reale, un risultato forse più grottesco che onirico e comunque sin troppo binario nella sua alternanza. C’è poi una distanza incredibile tra l’immagine plastificata della sagoma ritoccata al computer e quel volto che attraverso i primi piani si mangia totalmente il film con la sua intensissima malinconia; scelta consapevole o inconsapevole chiarisce che Vasco basta a se stesso ed eccede qualsiasi maschera.