La Quietud di Pablo Trapero raccontato in Conferenza stampa a Venezia 75
Un altro viaggio del pluripremiato cineasta argentino nel mondo della famiglia ma, a differenza del quadro cupo e patriarcale disegnato in Il Clan, parla in maniera appassionata di un matriarcato e del rapporto difficile tra sorelle unite da un amore profondo e trascendentale ma con sullo sfondo i bagagli del passato che come fantasmi periodicamente fanno capolino nelle loro menti e nelle loro vite. La loro storia simboleggia lo stato d’animo di tante famiglie argentine, unite in apparenza ma divise da ricordi e rancori nati in tempi difficili come quelli della dittatura. Dopo lunghi anni di assenza, e a seguito dell’ictus di suo padre, Eugenia ritorna a La Quietud, la tenuta di famiglia vicino a Buenos Aires, dove ritrova la madre e la sorella. Le tre donne sono costrette ad affrontare i traumi emotivi e gli oscuri segreti del passato che hanno condiviso sullo sfondo della dittatura militare. Emergono rancori sopiti da tempo e gelosie, il tutto amplificato dall’inquietante somiglianza fisica tra le due sorelle.
Risponde il regista Pablo Trapero:
Il film parla di una famiglia e ci offre la possibilità di fare i conti con un recente passato.
“E’ un pò strano perchè come qualsiasi ritratto di famiglia analizziamo il passato che viviamo attraverso storie dolorose. Il passato dell’Argentina è triste ed è impossibile trovare “La quiete” senza affrontare il passato. Volevo raccontare la storia ma solo nel presente e nel quotidiano dei nostri personaggi che non pur non conoscendo bene il passato nelle loro menti e nei loro discorsi torna in modo estremamente violenta e periodica”.
Il film guarda dal punto di vista femminile…
“Per me è stata una grande sfida ed è l’obiettivo fondamentale di questo film. Volevo offrire un ritratto intimo e riservato. Un punto di vista femminile, lo trovo molto diverso da El Clan (film di due anni fa, Leone d’Argento a Venezia 72) una violenza silenziosa ma sempre presente. Si tratta di due film diversi ma sono legati a doppio filo, potrebbero essere visti insieme. Il fatto di rappresentare le due attrici che intrepretato le sorelle che hanno fatto un lavoro eccezionale, di grande generosità sia nella fase di preaprazione che nel momento stesso in giravamo”.
Come avete preparato i vostri personaggi?
Risponde Bérénice Bejo
“Volevo fortemente fare un film in Argentina, paese in cui sono nata, ho lavorato con francesi, iraniani, italiani ma avevo il desiderio di fare un film argentino. Trapero mi ha chiamato e mi ha chiesto di recitare con Martina (l’altra sorella) e mi ha descritto la storia e sono stata subito entusiasta anche prima di leggere la sceneggiatura, mi sento fortunata ad avere avuto questa occasione. Penso che le donne hanno sempre avuto grande forza. Siamo talmente forti che ci vogliono tenere soggiogate. Viviamo in un mondo di uomini, anche l’industria cinematografica, è un mondo maschile. Non è facile ma cerco sempre di essere me stessa e voglio rappresentare una donna che non ha paura a dire quello che pensa. Ho avuto una madre molto forte e i miei genitori mi hanno sempre detto che posso essere chi voglio, questa è la forza che voglio trasmettere ai miei figli”.
Risponde Martina Gusman
“Abbiamo lavorato molto sul mio personaggio, ero molto emozionata a fare un film su una storia molto importante per l’Argentina. I miei genitori sono scappati dall’Argentina proprio a causa della dittatura. Ho dovuto recitare in spagnolo e non ero abituata a questa grande emotività. Non è stato facile”.
Conclude Pablo Trapero:
“E’ importante la questione della parità. E’ strano dover discutere ancora di queste cose, è stupido dividere. E’ una lotta per tutti”.
Il cinema argentino sta vivendo un periodo molto vitale, è così?
Risponde il regista Pablo Trapero:
“Ritengo che il cinema argentino ha caratteristiche molto “forti” ha un legame potente con il proprio pubblico. Mi sono formato fin da bambino nel mondo del cinema. Sono sempre stato curioso e ho sentito il bisogno di raccontare storie argentine, mi sento onorato di far parte della cinematografia del mio paese, sono felice di mostrare i miei film qui a Venezia. La forza dei film nasce nel rapporto tra film e pubblico ma anche nella capacità di parlare abilmente di tematiche diverse”.