Chi si aspettava, dalla lettura della sinossi del film, l’ennesimo dramma sui malati terminali si ritrova nel prologo del film ad assistere alla esilarante intervista ad un regista, vincitore di improbabili premi in improbabili festival esteri, accusato di fare film tristi e noiosi. Il regista, completamente nudo e con elettrodi appiccicati sul torace, prima si giustifica dicendo che “la vita è noiosa”, poi inveisce contro il pubblico accusandolo di voler vedere solo commedie e musical, prima che un commando faccia irruzione nello studio uccidendo il cameraman che riprendeva l’intervista.
Quello che segue è una “commedia” con momenti assolutamente non-sense incentrata su due figure: Rafflesia Pong, una presentatrice di programmi artistici che s’inventa conduttrice di reality show per malati terminali e aspiranti suicidi ed un giovane progettista-inventore, Eric Tang, che si ritrova sdoppiato (fisicamente) dopo che i manager dell’azienda per cui lavora, accusandolo di essere un sognatore, ne hanno fatto esorcizzare il lato creativo. Entrambi lavorano per la Fony Elettronics, una multinazionale che finirà per arricchirsi con il reality della Pong e la macchina-elabora-soia inventata da Tang.
Recitato in inglese e intervallato continuamente da inserti musical (il primo brano, cantato dai due irresistibili manager è spiazzante quanto geniale) l’opera prima di Yeo Joon Han, regista, sceneggiatore, produttore, fotografo ed autore delle musiche è cinema “pop” come la musica che propone, parte da argomenti abusati del global-cinema (l’invadenza dei media e in particolare della televisione nella vita di tutti i giorni), risucchia gli stilemi altrettanto globalizzati di Mtv per distruggerli ad uno ad uno dall’interno (le scritte interattive del karaoke che appaiono sullo schermo, le canzoni che sembrano uscire dai peggiori teen-movies americani) con uno sguardo cinico ed originale che solo sul finale, confuso tra i movimenti di macchina circolari da BritneySpearsMovie, sembra perdere mordente. Sell Out, al di là delle location e delle facce della gente che cantano per strada (con lo sguardo in camera, tipo Tano da Morire), non ha niente di malesiano. Per questo si possono azzardare paragoni trasversali, improbabili come il film stesso, dicendo che la pellicola sembra un mix perverso tra le cose più comicamente nonsense di Miike Takashi e l’orizzontalità del cinema-videoclip di Gondry. Yeo Joon Han, cinese di nascita, ha vissuto gli anni della formazione in Gran Bretagna. E nei momenti più deliberatamente folli proprio la follia tutta british dei Monty Phyton sembra essere un altro, forse il principale riferimento del film. Che ci auguriamo (senza illuderci troppo) possa trovare distribuzione, quantomeno in dvd, in Italia.