lunedì, Dicembre 23, 2024

Venezia 66, pre apertura: La grande Guerra di Mario Monicelli

baratta-e-monicelli-foto-asac-2008_All’Arena San Polo alla presenza del regista A 50 anni di distanza dal Leone d’oro (ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini) ritorna alla Mostra di Venezia il capolavoro di Mario Monicelli La grande guerra (1959, 129’) interpretato da Alberto Sordi e Vittorio Gassman, nella versione lunga ricostruita dalla Cineteca Nazionale con la supervisione del direttore della fotografia Giuseppe Rotunno. Con la proiezione de La grande guerra avrà luogo la preapertura nel centro storico di Venezia (martedì 1 settembre, ore 21, Arena di Campo San Polo) della 66. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (2‐12 settembre 2009) diretta da Marco Müller e organizzata dalla Biennale
presieduta da Paolo Baratta. La serata, a cui sarà presente il regista Mario Monicelli, è realizzata in collaborazione con il Comune di Venezia – Circuito Cinema Comunale, e con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale di Roma che ha fornito la copia del film. La proiezione sarà preceduta da una festa per la città in Campo San Polo. A partire dai materiali conservati dalla Cineteca Nazionale, con la supervisione di Giuseppe Rotunno, si è lavorato per ritrovare il tono fotografico voluto dal regista Mario Monicelli e dallo stesso Rotunno: un bianco e nero che ricordasse lʹiconografia dʹepoca, dai primi reportages di guerra alle foto ricordo dei soldati in partenza per il fronte. La versione che verrà presentata in anteprima a Venezia è stata resa possibile recuperando raffinate tecniche artigianali di sviluppo e stampa. Può essere così riproposto uno dei film italiani che più hanno fatto discutere. Solo l’ostinazione di la-grande-guerraDino De Laurentiis permise di portare a termine il progetto, realizzato fra molteplici difficoltà e polemiche, ma oggi il film è considerato unanimamente uno dei vertici del nostro cinema e le interpretazioni di Alberto Sordi e Vittorio Gassman nei panni di Oreste Jacovacci e di Giovanni Busacca appartengono alla storia del costume. Il carattere antieroico delle vicende narrate, la descrizione minuziosa della vita di campo, la coralità dei personaggi, l’alternanza degli stati d’animo, la capacità di passare dal riso al pianto, dalla viltà alla grandezza rendono questo film un modello ineguagliabile di approccio alla Storia. Il lavoro di restauro mira a restituire al film i particolari toni di luce che lo caratterizzavano. Il direttore della fotografia Rotunno si ispirò alle immagini di repertorio girate al fronte e alle fotografie dell’epoca e intervenne «nei processi di sviluppo e stampa per recuperare in parte il forte contrasto e le grandi differenze di densità luminosa che esistevano nelle riprese in interni dal vero legate agli esterni, salvando il difetto di sovraesposizione delle zone esterne. […] Con Monicelli decidemmo di fotografare anche gli attori principali senza quelle particolari attenzioni che si usano di solito, illuminandoli per farli spiccare». Un lavoro di sottrazione (di luce) per accentuare il realismo della messa in scena, al punto che nelle proiezioni dei giornalieri qualcuno si lamentò perché “non vedeva niente”. Ma solo così si poteva realizzare l’intento di Monicelli di «fare il film con un tono, povero, vecchio, sporco», in cui risaltano, più che le luci, i sentimenti umani.

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