Anna Odell è un’artista contemporanea molto nota in Svezia, si occupa principalmente della relazione tra spazio performativo e installazioni cross-mediali e ha cominciato a farsi conoscere dal 2009 in poi grazie ad un evento unico realizzato durante la conclusione dei suoi studi a carattere artistico.
Simulando un suicidio open air dal parapetto di un ponte, Anna si fa prelevare in extremis dal personale di una struttura ospedaliera; nel tentativo di affermare la sua libertà, porta all’estremo limite la tensione, ribellandosi, sputando in faccia alle infermiere, appellando malamente il personale di sala. Passerà una notte in psichiatria dopo esser stata giudicata come soggetto instabile e sedata, per poi confessare lo sviluppo di uno studio performativo nel suo farsi, messo in scena per dimostrare l’approccio discutibile delle strutture sanitarie rispetto ad un caso delicato come quello di un tentato suicidio.
Återträffen prende le mosse dallo spirito di questo happening tra messa in scena e performance concettuale, scavando nella vita personale della stessa Odell e lavorando su una stratificazione molto simile a quella appena descritta, con intenzioni forse più antropologico-sociali che terapeutiche.
Il film comincia in medias res, ci troviamo ad una festa di vecchi compagni di classe delle medie ormai tutti adulti; Anna arriva quasi per ultima, si accomoda a tavola e dopo pochi minuti dall’inizio della cena si alza in piedi per ricordare a molti dei commensali quanto dolorosi fossero stati gli anni della prima adolescenza, e quanto sistematica e crudele si fosse rivelata l’esclusione messa in atto da tutti nei suoi confronti. Descriverà ad un gruppo di adulti attoniti, gli episodi di bullismo, le crudeltà subite, e quanto questo abbia influito sulla sua crescita in termini di autostima. Il clima diventa incandescente, si arriva quasi all’aggressione fisica e tutti i commensali, visibilmente turbati da un misto di senso di colpa e di vigliaccheria, prenderanno di peso Anna, la sbatteranno fuori e la caricheranno su un taxi, cacciandola dalla festa.
Presto scopriremo che questi primi venti minuti, sono in realtà un film nel film, un breve mediometraggio realizzato da Anna allo scopo di reclutare i suoi vecchi compagni e invitarli a visionarlo. Lo scopo, lo dirà la stessa Anna ad uno di loro, non è terapeutico ne vendicativo, ma semplicemente un’analisi comportamentale, verificare le reazioni, capire le motivazioni, osservare come si sarebbero potute comportare le persone coinvolte in una situazione simile.
Da qui in poi il film mette in sequenza gli incontri di Anna con i “veri” compagni di classe che accetteranno di vedere il film per commentarlo in sua compagnia, in una sorta di doppio teatrino virtuale che in entrambi i casi, nasconde abilmente la sorgente dell’occhio, come nei migliori reality o nel gioco di falsificazione degli horror costruiti su un’idea generica di found footage.
Le reazioni si succedono in un misto di sorpresa, incredulità, incapacità di riconoscersi rappresentati in un certo modo a distanza di anni, quindi uno scollamento flagrante tra rappresentazione, percezione della propria realtà, rifiuto, sufficienza, oppure vera e propria resistenza al confronto.
In mezzo a loro, Anna Odell, tra timidezza e assertiva volontà di controllo, che trasforma in un doppio evento performativo un pezzo della propria vita.
Eppure non si avverte coinvolgimento emotivo, ma una distanza forse più conseguente che realmente voluta; perchè Återträffen non arriva quasi mai a fondo ne ci propone uno sguardo multisoggettivo come ci saremmo aspettati, rimane a distanza, esattamente come la stessa Odell che registra adesioni o rifiuti senza che questi modifichino il percorso e la tessitura dell’ordito.
Al di là delle motivazioni, anche contradditorie, che il film non si azzarda a recuperare, il veicolo principale sembra essere la parola come unica forma di disvelamento, questa è scagliata, oppure resa oggetto di una conversazione comune, non entra mai in relazione con l’immagine ne modifica lo spazio performativo più di quanto non si sarebbe potuto fare in un prodotto dalla quadratura televisiva.
C’è da chiedersi se in un contesto, forse dall’impostazione teatrale e cross-mediale, la Odell si sarebbe mossa con più sicurezza rispetto al mezzo Cinema in quel contrasto tra rappresentazione e coinvolgimento traumatico che ci saremmo aspettati di vedere; purtroppo Återträffen non sembra in grado di elaborare uno sguardo di confine tra finzione e documentazione in grado di confondere le differenze invece di accentuarle.