La retrospettiva della 69/ma Berlinale è tra le più interessanti degli ultimi anni. Al centro le donne cineaste tra il 1968 e il 1999. Un programma vastissimo che include 26 titoli tra fiction e documentario, in parte provenienti dall’ex germania est e da quella ovest e in parte legate alle produzioni tedesche dopo la riunificazione. Oltre al programma principale, anche 20 cortometraggi.
La Germania est e La Germania ovest nella grande retrospettiva dedicata dalla Berlinale 69 alle donne cineaste tra il 1968 e il 1999
L’ambiente, il linguaggio, sono i tratti in comune di due approcci differenti. La Germania dell’ovest legata ai movimenti del 68, quindi vicina all’onda del nuovo cinema tedesco e in contrasto, tutti i film prodotti all’interno della Germania est, legati ai meccanismi di uno studio system contollato dallo stato. Lo studio è il Deutsche Film Aktiengesellschaft, abbreviato in DEFA, ente cinematografico di Stato della Repubblica democratica tedesca (DDR), “istituito con licenza delle autorità sovietiche di occupazione a Berlino il 17 maggio 1946, con sede negli studi della disciolta UFA a Babels-berg“. Realtà che offrì ad un numero ridottissimo di donne la possibilità di dirigere, non prima degli anni 50 e principalmente impegnandole nella realizzazione di film per bambini. Verso la fine degli anni sessanta, il centro delle cineaste donne nella Germania dell’Est diventerà la vita di tutti i giorni nella realtà socialista.
Le donne cineaste del cinema tedesco, una via per l’auto-determinazione nell’industria cinematografica
Dieter Kosslick, direttore della Berlinale, ha specificato quanto fosse importante il ruolo di queste autrici, perché è grazie a loro che le donne nel cinema hanno trovato la via dell’auto determinazione, il bisogno di combattere per la parità di genere nell’industria “tema attualissimo anche oggi” ha dichiarato Kosslick.
La retrospettiva è curata dalla cinemateca tedesca e spazia dal primo successo di May Spils, “Zur Sache, Schätzchen” del 1968 fino al documentario “Mit Haut und Hear” di Döcker e Crescentia Dünßer, opera indispensabile che raccoglie le memorie di sei donne vissute a cavallo della repubblica di Weimar.
Altri film della retrospettiva sono “Tue recht und scheue niemand – Das Leben der Gerda Siepenbrink” di Jutta Brückner, “Peppermint Frieden” di Marianne Rosenbaum, “Dorian Gray im Spiegel der Boulevardpresse” di Ulrike Ottinger, “Der gläserne Himmel”di Nina Grosse, fino a “Das Glück meiner Schwester” di Angela Schanelec. Il centro e le ambientazioni di molti film della retrospettiva è ovviamente la città di Berlino, basta citare la flanerie di “Die Reise nach Lyon” di Claudia von Alemann, opera del 1980 che segue le tracce di un’antenata femminista.
Responsabile della retrospettiva è Rainer Rother, direttore artistico della Deutsche Kinemathek – Museum für Film und Fernsehen.
Il 69/mo festival del Cinema di Berlino, lo ricordiamo, sarà in programma dal 7 al 17 febbraio 2019
(In copertina “Die Reise nach Lyon” di Claudia von Alemann,1980)