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The Third Side of the River di Celina Murga: Berlinale 64 – Concorso

La giovane regista argentina Celina Murga si presenta alla Berlinale con “La tercera orilla”, un film difficile e per molti aspetti riuscito sul rapporto tra Jorge (Daniel Veronese) un padre-padrone odierno e suo figlio maggiore Nicolás (Alián Devetac).
Jorge è un medico benestante, professionalmente realizzato e possidente terriero. Vive con due donne con cui ha costruito due diverse famiglie riuscendo a instaurare un equilibrio basato sull’accettazione, dai parte dei familiari, del suo ruolo caratterialmente ed economicamente dominante. Jorge vorrebbe che il figlio Nicolás prenda gradualmente il suo posto nella gestione degli affari familiari e comincia a preparargli la strada che lo porterà un giorno a diventare medico e a condurre l’ambulatorio paterno.
Nicolás in tutto ciò non sta bene. Osserva il mondo familiare e scolastico mantenendosene distante, senza però esitare a intervenire anche con la forza per proteggere i suoi familiari. In particolare, accetta sempre meno l’autorità paterna, non comprendendo per quale ragione Jorge abbia due famiglie. Travolto da questo senso di impotenza e confrontato con l’impossibilità di colmare la distanza che intercorre tra sé e suo padre, decide infine di sottrarsi alla sua quotidianità con un gesto irreparabile e che pone in essere l’impossibilità di un ritorno. Una notte in cui il padre è via, da fuoco all’azienda agricola e alla jeep del padre e, dopo aver presenziato alla festa di compleanno della sorella minore, abbandona la propria casa per intraprendere un luongo viaggio che lo porterà un giorno a diventare la persona che vuole essere.

Su un piano formale, la storia si articola in due momenti. Nel primo, le inquadrature e il montaggio evidenziano lo sguardo con cui Nicolás osserva il mondo di suo padre, in particolare il modo in cui questi gestisca le sue relazioni familiari. Nel secondo, il decoupage pone il ragazzo sullo stesso piano degli altri personaggi e lo spettatore subentra nel punto di osservazione che prima era stato di Nicolás. Ciò si traduce a livello narrativo nel fatto che in un primo momento Nicolás appare passivo nei confronti degli eventi che gli stanno davanti, mentre nella seconda parte del film assume un ruolo attivo riuscendo, pur con un atto estremo, a rompere l’ordine in cui si esplicita l’autorità paterna.
Riguardo alla colonna sonora, questa ha una mera funzione di accompagnamento e messa in evidenza degli stati d’animo del protagonista. L’ottima direzione della fotografia merita invece un discorso a parte. I colori sono sempre armonici, la luce ambientale tende ad essere sottoesposta, la costruzione dell’immagine si basa sull’uso di riflessioni, frammentazione dei volti e, conseguentemente, dell’identificabilità dei corpi.

Se nel suo specifico filmico “La tercera orilla” si presenta come un’opera matura e coesa, sul piano della sceneggiatura si ravvisano purtroppo delle carenze imbarazzanti. In primo luogo , il personaggio del padre resta solo uno stereotipo appena abbozzato. Quella che dovrebbe essere nel film la figura problematica e imperscrutabile che somma in sé il bene e il male, l’ordine e il caos, è presentata soltanto come un comunissimo medico, provinciale e maschilista. Ciò però non può bastare. Volendo anche rinunciare a una figura a tutto tondo degna di questo nome e che motivi l’azione di Nicolas non solo sulla carta ma anche nello sviluppo drammatico, sarebbe almeno opportuno comprendere per quale ragione Jorge abbia due famiglie e quanto ciò pesi sul suo carattere e le sue scelte di vita.
E proprio perché manca il grande Cattivo, non abbiamo il grande Buono, nel senso che la figura di Nicolás resta a sua volta inarticolata mancando una vera conflittualità a livello drammaturgico.
“La tercera orilla” è nonostante ciò un film da vedere. Resta solo l’amaro in bocca per la bella occasione sprecata.

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