venerdì, Novembre 22, 2024

Triptyque di Robert Lepage e Pedro Pires: Berlinale 64 – Panorama

Robert Lepage torna al cinema dopo dieci anni, ovvero dopo un film complesso e stratificato come “La face cachée de la lune“, incontra uno specialista degli effetti digitali e delle installazioni visual come Pedro Pires nel 2011, collaborando con lui per alcune produzioni teatrali, tra cui lo show “Totem” messo in scena per le Cirque Du Soleil e il Sigfrido Wagneriano, parte della tetralogia dell’anello portata in scena da Lapage per il New York’s Metropolitan Opera.
Anche le origini di Tryptyque sono teatrali; la piece originale ha una durata di nove ore e si intitola “Lipsynch“, qui ridotta a 90 minuti di cinema cognitivo potentissimo. Diviso in tre segmenti interconnessi tra di loro, affronta varie forme di disabilità psico-fisica secondo coordinate ora filosofiche, ora artistiche, ora cognitive, ma mantenendo quella forma possibile e transitoria che ha sempre caratterizzato l’opera dell’artista transmediale Canadese come un lavoro incompromissorio sulla non locabilità della memoria.

Michelle, la protagonista del primo episodio è una donna di circa cinquant’anni che abita nella città di Québec, la incontriamo poco dopo la sua dimissione da un istituto psichiatrico. Una volta fuori ottiene nuovamente il suo nuovo lavoro in una libreria di testi rari e usati nei riguardi dei quali dimostra una passione e una conoscenza a livelli quasi specialistici. La sua terapia farmacologica è la condizione perchè possa condurre nuovamente una vita normale, ma è chiaro da alcune ossessioni e dal trascolorare della realtà nel ricordo, che la forma schizofrenica che l’affliggeva continua in un certo modo a convivere con lei; quando incontrerà Thomas, il nuovo fidanzato della sorella Marie, neuro chirurgo affermato, non conoscendo la buona notizia crederà che l’uomo sia li per controllarla.

Thomas è il protagonista del secondo episodio, neuro chirurgo Berlinese incontra Marie, la sorella di Michelle come paziente. La diagnosi è quella di un tumore al cervello che impone un intervento urgente, il cui rischio è quello di invalidare per un periodo indeterminato la voce di Marie, strumento di lavoro per la donna, affermata cantante di Jazz. Lo stesso Thomas avverte un tremore alla mano, un segnale che probabilmente gli annuncia l’intervento stesso come ultimo della sua carriera.

Il terzo episodio è dedicato a Marie dopo l’intervento dove la vediamo mentre utilizza la sua voce in molteplici applicazioni, doppiando cartoni animati, lavorando alla direzione di un coro; alle porte c’è una nuova possibile vita con lo stesso Thomas di cui si è innamorata

Accompagnati in modo minimale dalla musica di Arvo Part e di alcuni autori classici del settecento, Tryptyque va oltre la scansione degli episodi, aprendo dei veri e propri “possible worlds” che elaborando il concetto stesso di memoria come traccia, seminano elementi non localizzabili, creando una dimensione che risiede oltre la cognizione di uno spazio-tempo univoco ed empirico.

Come in altre opere di Lapage, è il dogmatismo scientifico a collassare su se stesso, aprendo una prospettiva filosofica che sfrutta la disabilità come un vero e proprio terzo occhio, con un discorso sulla percezione che non è distante dal penultimo lavoro scritto da Oliver Sacks sulla “cecità” o sulle neuropatologie che alterano la percezione, intitolato “l’occhio della mente”.

Marie fa pensare alla Lilian Kallir di Sacks, la pianista che non riesce più a distinguere una partitura, come per lei le parole cambiano collocazione, i segni non collimano più con la mappatura neuronale che le consente di esprimere parole congruenti.

Se per Sacks ogni trauma spinge ad attivare delle strategie di adattamento, ridisegnando l’esperienza, anche per i personaggi di Tryptyque la realtà empirica assume un sembiante inedito e la forma dello stupore infantile. Michelle di fronte ai due giovani “poeti rap”, Marie durante la bellissima e disturbante sequenza dell’operazione al cervello, mentre Thomas ne manipola i tessuti e la sua assistente stimola la donna al riconoscimento di alcune immagini.

E ancora l’immaginazione di Thomas che rivede la Creazione di Adamo di Michelangelo collocando nella sezione occupata dagli angeli nudi che portano Dio un intero sistema corticale; Marie nella sala di doppiaggio, ossessionata dalla voce del padre che non riesce a ricordare, mentre costringe alcuni attori a re-immaginarsela in base alle sue indicazioni, per poi trovarla esattamente dentro la sua stessa voce.

In questa continua riattualizzazione della memoria sta tutta la forza del cinema di Lapage, e se talvolta si ha la sensazione che alcuni concetti siano sin troppo “belli” e pensati, il regista Canadese dimostra ancora un grande talento per l’aura di un’immagine che riesce quasi sempre nella metamorfosi tra memoria e segno, realtà e possibilità.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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