martedì, Novembre 5, 2024

Blade of the Immortal di Takashi Miike – Cannes 70

Il grande regista giapponese Takashi Miike reinventa il cinema d’azione a partire da un manga di Hiroaki Samura che per venti anni, precisamente dal 1999 al 2013, ha occupato le pagine di Gekkan Afternoon. Tra ricostruzione storica e forte caratterizzazione drammatica dei personaggi, il manga si è avvalso di uno stile coloratissimo e dal tratto inconfondibile vendendo più di sette milioni di copie, oltre a vincere un prestigioso premio americano come il Will Esner Comic Industry Award. Per la sua complessità cromatica e figurativa si trattava di un progetto difficilmente adattabile per il cinema.

Ci ha pensato Hioyoshi Kaiwai della Warner Giappone, che ha proposto il progetto all’audace Miike che a sua volta ha pensato alla superstar giapponese Takuya Kimura per il ruolo principale di Manji. Manji è un samurai che può contare su un corpo immortale e che dopo cinquant’anni non da alcun segno di invecchiamento.

È vivo? viene mantenuto in vita da quale forza? La storia attiva una serie di interrogativi sul concetto di immortalità. Jeremy Thomas, il notissimo produttore, è entrato nel progetto, uno dei più ambiziosi realizzati in Giappone anche in termini produttivi.

Manji è un samurai dalle capacità notevoli, e la maledizione dell’immortalità giunge dopo una battaglia leggendaria. Perseguitato dalla morte brutale della sorella, Manji sa che l’unica panacea per la sua anima sarà quella di combattere il male. Promette quindi di aiutare una giovane ragazza chiamata Rin a vendicare i suoi parenti, che sono stati uccisi da un gruppo di maestri della spada capitanati dal crudele Anotsu.
Miike riesce a creare un universo che trascende la ricostruzione storica, molto vicino allo stile del manga per quanto riguarda la dettagliata caratterizzazione dei personaggi e le questioni che sollevano in termini filosofici ed esistenziali.

Allo stesso tempo l’impianto è di altissimi livelli spettacolari, sopratutto nella rappresentazione delle numerose e fantasiose armi.
Il climax del film è una battaglia che ha coinvolto 300 persone per la realizzazione e che ha necessitato di ben due settimane di ripresa.
La ricostruzione in scala si riferisce alla distruzione di un’intera città, in una via di mezzo tra set, sequenze di azione pura, presenza fisica, approccio empirico e green screen, nello stile che coinvolge spesso più livelli della visione nel cinema di Miike Takashi.

Nella parte di Rin c’è Hana Sugisaki che nel film ha un doppio ruolo, interpreta infatti anche Machi, la sorella più giovane di Manji

Per Miike Kimura e il personaggio di Manji sono assolutamente simili. Nati in un differente spazio-tempo, respirano la stessa aria e sono spiritualmente collegati: “quando incontri Takuya, percepisci la medesima forza, senza la quale non sarebbe potuto diventare la superstar che è”
La forza dell’attore è del tutto animale, secondo il regista giapponese, spinta da un’energia di tipo vitalistico.

Redazione IE Cinema
Redazione IE Cinema
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