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Careless Crime di Shahram Mokri: recensione

Dopo due film tanto simili sembrava che Mokri avesse trovato il proprio personalissimo sistema di fare cinema e che fosse intenzionato a portarlo ancora avanti. Careless Crime però è diverso, ma allontanandosene ricorre alla riflessione sul tempo e lo spazio per trasformarsi in una dichiarazione d’intenti. La recensione di Careless Crime

Il 19 agosto 1978, in piena rivoluzione iraniana, quattro sostenitori dell’Ayatollah Khomeyni diedero fuoco al cinema Rex ad Abadan durante la proiezione di The Deer, il film di maggior successo nel paese e, secondo l’ideologia degli oppositori del regime monarchico, latore dei degenerati costumi occidentali. Nel rogo morirono più di 420 persone e questa strage, inizialmente attribuita alla polizia segreta dello Scià, scatenò numerose sommosse che si rivelarono fondamentali nella destabilizzazione del governo.


Più di 40 anni dopo Shahram Mokri ha deciso di ricostruire quell’evento, cardine della storia mediorientale, con il suo ultimo film, Careless Crime, presentato nella sezione Orizzonti a Venezia 77.

Non è però “ricostruzione” il termine più corretto per descriverlo, o per lo meno ne dà un’idea molto parziale. Mokri è un regista unico nel pur ricco panorama cinematrografico iraniano, e più che all’attentato in sé è interessato alla sua frantumazione spazio-temporale.

Il rapporto tra il dove e il quando è da sempre il fulcro del cinema di Mokri, giunto ora al quinto film. Nei suoi due precedenti lavori, Mahi va gorbeh (Fish & cat) e Invasion (Hojoom), la macchina da presa si muoveva in uno spazio circoscritto (le sponde del lago nel primo, uno stadio nel secondo) senza mai tagliare, ma innanzi al suo occhio meccanico gli eventi si reiteravano, catturati ogni volta da una diversa prospettiva. L’unitarietà visiva della narrazione riusciva attraverso il paradosso della ripetizione a restituire la frammentaria complessità del reale.


Dopo due film tanto simili sembrava che Mokri avesse trovato il proprio personalissimo sistema di fare cinema e che fosse intenzionato a portarlo ancora avanti. Careless Crime però è diverso, ma allontanandosene ricorre alla riflessione sul tempo e lo spazio per trasformarsi in una dichiarazione d’intenti. Quali?


Il film racconta un passato, quello dell’attentato, ma racconta anche un presente dove un gruppo di ragazzi organizza una proiezione di The Deer nell’anniversario del rogo, mentre alcuni soldati indagano su un missile inesploso.


Le due trame si riflettono l’una nell’altra, anche letteralmente: Careless Crime inizia nel cinema Rex dove, all’improvviso, comincia la proiezione della parte di Careless Crime ambientata nel presente (il nostro presente, il futuro all’interno della diegesi). Non è solo un gioco di specchi fine a se stesso, però.

Se la narrazione storica persegue il realismo, ricostruendo con attenzione (fin qui si può parlare di “ricostruzione”) le vicende degli attentatori e dei lavoratori del cinema nei giorni immediatamente precedenti alla tragedia, le sequenze dedicate ai militari nel presente si rivelano, presentandosi come film-nel-film, sospese e a tratti surreali, e in questo modo si riavvicinano al cinema cui Mokri ci ha abituati.


In quest’ottica Careless Crime sembra allora voler rivendicare il diritto della finzione a stare accanto al reale, e quindi la libertà del suo autore di fare un cinema diverso e sperimentale.

Mokri con un film che è anche un grande omaggio al cinema e al suo potere si difende così da certe critiche che gli sono state mosse, e riuscendo contemporaneamente a portare avanti la decostruzione delle convenzioni narrative fulcro della sua opera, crea un manifesto nel quale si può leggere tutto il suo amore per la settima arte.

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