Sono passati 24 anni da quando un giovane regista sconvolse la Francia raccontando la rabbia delle banlieue parigine, che di lì a qualche anno sarebbe definitivamente esplosa in maniera inarrestabile e violenta. Quel regista, Mathieu Kassovitz, il 28 luglio sarà a San Cosimato per raccontarci come la storia di Vinz, Hubert e Said è arrivata fino ad oggi, anche grazie all’utilizzo di linguaggi innovativi: da quello cinematografico, a metà tra il documentaristico e il surreale, capace di rendere universale la storia delle 19 ore vissute dal multietnico trio di amici durante le rivolte contro la polizia, al “verlan” parlato dagli stessi protagonisti, un gergo inventato nelle periferie di Parigi invertendo le sillabe delle parole del francese.
Un film, “L’Odio”, capace di raccontare forse per la prima volta le grandi contraddizioni delle metropoli contemporanee: le disparità sociali, il cortocircuito tra centro e periferia, la brutalità della polizia, la desertificazione culturale, l’assenza dello Stato e l’opprimente sensazione di incomunicabilità che caratterizzano tutti i Seine-Saint-Denis del mondo.
«Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: “Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene”. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio»