Schwesterlein si muove narrativamente intorno a quattro nuclei tematici: il mondo del teatro, l’amore per Berlino, il blocco creativo e il dramma della malattia incurabile. Al centro di essi si situa la vicenda dei gemelli Lisa (Nina Hoss, già attrice protagonista in Wolfsburg, Yella e Barbara di Christian Petzold) e Sven (Lars Eidinger, interprete, tra gli altri, in Clouds of Sils Maria di Olivier Assayas, High Life di Claire Denis) e del loro profondo legame emotivo, raccontato nella drammaticità della sua fase conclusiva.
Lisa è un’affermata drammaturga teatrale in crisi, trasferitasi da pochi anni con la sua nuova famiglia in Svizzera e insegnante di tedesco presso un’elitaria scuola privata. Sven, il fratello gemello, è egli stesso attivo nel mondo teatrale come attore reso celebre per la sua interpretazione di Amleto in una trasposizione teatrale di David (Thomas Ostermeier), ex-compagno della sorella e regista e direttore artistico dello Schaubühne am Lehniner Platz, teatro berlinese noto a livello internazionale.
Sven è stato colpito da un’aggressiva forma di leucemia e, dopo un trapianto di midollo osseo purtrotto non riuscito, gli resta poco da vivere. Lisa si rifiuta di accettare la condizione del fratello e fa di tutto per farlo tornare sul palco, convinta che ciò possa spronarlo a continuare la sua battaglia contro la malattia.
Simbioticamente assorbita dal dramma fratello e calata in uno stato emotivo estremo, Lisa si aliena dal mondo, con la sua vita familiare e lavorativa che vanno in pezzi. Quando le condizioni di Sven peggiorano ulteriormente e la malattia entra nel suo stadio terminale, Lisa decide di tornare dalla madre (interpretata da Marthe Keller, attrice svizzera nota, tra gli altri, per Marathon Man di John Schlesinger; Black Sunday di John Frankenheimer; Fedora di Billy Wilder) a Berlino col fratello e i figli, lasciando il suo compagno Martin (Jens Albinus, attore danese già in Idioten e Dancer in the Dark di Lars von Trier) per stare al capezzale dell’amato Sven fino alla sua morte. In questa sorta di “viaggio al termine della notte”, per amore del fratello, la donna troverà la forza di ridare voce alla sua creatività, riprendendo a scrivere.
Parlando di Schwesterlein in un’intervista rilasciata alla rete televisiva franco-tedesca Arte, le autrici e registe Stéphanie Chuat e Véronique Reymond raccontano che: “Le vere gemelle siamo noi: ci conosciamo da quando avevamo dieci anni e siamo da sempre le nostre migliori amiche”.
Insieme, le due avevano già dato prova delle loro qualità registiche con La Petite Chambre (2010), lungometraggio premiato col Quartz per il miglior film e la migliore sceneggiatura al Prix du Cinéma Suisse e candidato all’Oscar 2011 come contributo del cinema svizzero per il miglior film in lingua straniera.
Con Schwesterlein tornano a raccontare una storia su sentimenti legati al dolore e alla morte, arricchendo queste tematiche con la loro passione per il teatro e intessendo in film con evidenti rinvii alla realtà.
Ad esempio, non è un caso che il ruolo interpretato da Sven sia quello di Amleto: l’attore Lars Eidinger è stato infatti egli stesso attivo per più di un decennio come attore teatrale proprio presso lo Schaubühne am Lehniner Platz e una delle sue interpretazioni più note è per l’appunto quella del principe danese, per la regia di Thomas Ostermeier. E questi, regista e direttore artistico sempre dello Schaubühne am Lehniner Platz e già premiato col Leone d’Oro alla carriera nella sezione teatro della 54a Biennale di Venezia (2011), interpreta a sua volta David, il regista teatrale ex-compagno di Lisa.
E se non bastasse, nel rinomato teatro sulla Lehniner Platz può anche capitare di assistere a spettacoli teatrali con Nina Hoss in scena, sempre per la regia di Ostermeier.
C’è da dire che questo gioco di richiami non isterilisce in nessun caso il film, che vive di vita propria senza dover cannibalizzare il teatro per giustificare la propria esistenza. Si tratta piuttosto di un omaggio a una forma artistica e a un milieu al quale le registe, entrambe anche attrici teatrali, si sentono di appartenere.