Cosa ne é stato di “Trainspotting” ? Renton ha davvero messo su famiglia? Comprato una macchina e una lavatrice come si immaginava alla fine del cult movie di Danny Boyle datato 1996? Oppure ha speso tutti i 16000 pounds rubati ai compari? Quesiti a cui non rimane il tempo per rispondere, dal momento in cui gli eventi precipitano di nuovo, non appena Renton fa ritorno a casa.
Edimburgo sembra radicalmente cambiata, ma per gli amici del tempo che fu, molto é rimasto immutato, compresa la ricerca senza requie del significato della vita, sopratutto per Renton.
In questo piccolo film, Danny Boyle racchiude molti sentimenti contrastanti che sono lontani dal recupero nostalgico del passato, nonostante tutto, aspettative comprese, sembri andare in quella direzione.
La presa di coscienza non si accompagna in modo cosí automatico alla serietà di chi “ha messo la testa a posto”, quanto piuttosto alla rivendicazione del gioco e della leggerezza.
Pare che anche Boyle ne sia perfettamente cosciente quando ritrae Renton e gli altri con una rinnovata spinta giovanile e quella (in)coscienza di chi ha raggiunto e superato i quaranta, mentre si riappropria del proprio status senza per forza incarnare l’immaginario borghese comune.
Tutto ció senza rimanere alieni rispetto ai tempi che corrono e scongiurando quindi quella operazione nostalgica di cui prima parlavamo: Boyle si diverte e fa divertire i suoi personaggi portando avanti la stessa linea del primo “Trainspotting”, diretta e non giudicante, giocando soprattutto con i mezzi della tecnologia che oggi ci circondano e occupano il nostro immaginario, anche quello videoludico.
Anche in questo senso le cose non sono cambiate per i quattro di Edimburgo e quelle che erano le vecchie lisergiche dipendenze sono state in qualche modo rimpiazzate dalle forme smart del digitale: segno dei tempi che cambiano e di un utilizzo stratificato e oltraggioso “dell’oggetto film” da parte di Boyle ridotto, senza nessuna pretesa di voler replicare quel mostro chiamato cult, a puro gioco, divertissement utile anche per farsi beffe della tecnologia come strumento che puó essere piegato a nostro piacimento, senza quella seriosità che porta pericolosamente a confondere vita reale con quella liquida.