Werk ohne autor (never look away) di Florian Henckel von Donnersmarck raccontato in conferenza stampa a Venezia 75
Il filo comune da cui Von Donnersmarck trae ispirazione per questa opera è la realtà percorsa in tre epoche distinte della storia tedesca. Werk ohne Autor racconta la vita e le vicissitudini del giovane studente d’arte Kurt perdutamente innamorato di Ellie sua compagna di studi. Relazione che vede la contrarietà del padre della giovane, il professor Seeband, medico conosciuto e stimato, il quale si promette di porre fine alla storia della figlia e il ragazzo. Ma nessuno sa tranne il padre che tra i due esiste un legame tragico quanto misterioso tenuto nascosto da Seeband.
Il regista, gli attori e i produttori parlano dell’opera al pubblico di Venezia 75
Parla il regista Florian Henckel von Donnersmarck
Perché ha deciso di tornare a girare in Germania raccontando una storia del passato del suo paese?
“Non scelgo una storia, semplicemente mi sono innamorato dell’idea di andare ad esplorare la creatività umana. L’alchemia che si crea tra un artista e la propria vita, riuscendo a trasformare i drammi della sua vita in arte. Ho cercato a fondo una storia di questo tipo. Un’artista formato nelle tragiche vicende della storia tedesca che riesce a trasformare in arte i traumi vissuti”.
Si tratta di un’interessante discorso sull’arte, ci spieghi meglio il quadro del film?
“Io credo nell’arte libera. Volevo mostrare come un sistema politico possa fermare l’arte incanalandola in direzioni precise privandola di fatto della sua essenza. E’ impossibile fare grande arte sotto delle dittature. Volevo mostrare come i nazisti avevano la propria idea di arte, come del resto i comunisti, e come il protagonista solo quando è realmente libero di esprimersi può realmente dare il meglio di sé”.
Siamo d inuovo in tempo di censura seconda lei?
“Credo che ogni censura sia problematica. Anche l’autocensura lo è. La paura di essere esclusi, i limiti che ci imponiamo sono nocivi per l’arte. Per esempio ci sono tendenze che non mi piacciono di autocensure e limiti mentre l’arte non vuole limiti ma vuole libertà. La libertà di espressione è un aspetto fondamentale per l’arte. Sono contrario ad ogni tipo di censura, preferisco il kaos di una società dove tutti possono esprimersi anche da un punto di vista artistico”.
Nel film emerge anche una visione satirica, è così?
“L’arte dei nazisti e dei comunisti si incentrava sull’artigianalità e sul messaggio politico. Nel dopoguerra nella Germani occidentale ci siamo voluti inventare tutto nuovamente. Anche l’artigianlità è stata spazzata via. Nell’arte contemporanea spesso l’aspetto artiginale viene nascosto ed abbiamo molte opere che sembrano non avere senso, per questo la professione dei critici è molto importante perchè c’è tanto rischio che le opere d’arte spariscono nascoste da tante opere di scarso valore, tanto rumore”.
“Ma parliamo meglio del lavoro artigianale ovvero della creazione dell’arte e delle immagini. Ho parlato a persone che hanno sperimentato tutti questi aspetti e presento la mia visione personale. Il personaggio principale vede cose molte pesanti, veri e propri crimini ma deve sempre guardare in faccia la realtà anche se è cruenta. Non voglio che vedere il mio film sia facile, voglio che i crimini del nostro passato emergano e venga fuori la sofferenza. Non volevamo rappresentare l’olocausto ma l’assassinio delle persone vittime di disturbi mentali. Per quanto riguarda il ruolo delle donne, il personaggio che interpreta Paula è una persona forte ma preferisco che lo descriva lei”.
Parla Paola Beer:
“Lei non è felice solo quando ‘dona un figlio al suo compagno‘ è lei che desidera fortemente avere un figlio e allo stesso tempo è molto innamorata. Mostra la forza dell’amore e l’importanza che l’amore riveste nelle nostre vite. Trova forza nell’amore e decide di andare all’ovest nonostante suo padre, è una esperienza di crescita personale di forza e non desidera avere un figlio solo per il suo uomo è lei che lo desidera fortemente”.
L’artista dopo aver creato una opera personale nega che i quadri si riferiscono alla sua vita, può spiegarmi questo passaggio?
“Io credo che l’artista possa proteggersi dal mondo. Già nelle sue opere mostra il suo vissuto e la sua sofferenza, è tutto chiaro nei suoi quadri e non vuole spiegare le opere, perchè vuole far emergere la forza delle opere. Il protagonista crea sulla base del suo istinto e della sua emozione”.
Hai interpretato film ambientati in tempi passati… pensi che accetterai in futuro film ambientati nel presente?
“In realtà ho fatto altri film anche ambientati in epoca presente che purtroppo non sono arrivati da voi, non ho partecipato solo a film storici”.
Il tema della memoria è molto importante, quanto l’arte cinematografica può aiutare?
Parla il produttore Jan Mojto
“Quando ho parlato con Florian, sono rimasto impressionato. Ho pensato che questo sia stato una grande opportunità in un periodo molto difficile della mia visti i problemi di salute che ho avuto nei mesi scorsi. Si tratta di un film è complesso e affascinamente. Volevo contribuire a raccontare la Germania e del suo passato. Abbiamo parlato della memoria della Germania in maniera nuova. Non solo il punto di vista dei vincitori, non il punto di vista di una generazione che si sentiva solo colpevole per i terribili crimini del nazismo, ma da un punto di vista che guarda alla Germania cercando di indagarne sulla natura intima del paese, raccontare le radici dei tedeschi di oggi. Un paese che a differenza di altri ha fatto i conti con il proprio passato e con la propria memoria. Il film vuole raccontare l’anima profonda della Germania, andando ad indagare nelle viscere di un popolo”.
Parla Paolo del Brocco sulla distribuzione del film
“Mi complimento con i produttori per il loro coraggio. Noi seguiamo da tempo e ammirazione il lavoro di Florian e siamo felici di far uscire il 4 ottobre questo film (in Germania uscirà il 3 ottobre). E’ una nostra coproduzione e siamo contenti di poter contribuire come RAI CINEMA ad un cinema europeo e di qualità”.
Alessandro Allori – Marco Pini