Suburbicon di George Clooney, in concorso a Venezia 74, USA / 104′, la Conferenza Stampa
Cast: Matt Damon, Julianne Moore, Noah Jupe, Oscar Isaac
Sceneggiatura: Joel & Ethan Coen, George Clooney, Grant Heslov
Fotografia: Robert Elswit
Montaggio: Stephen Mirrione
Anno 1959, Suburbicon è una pacifica comunità, all’apparenza è il luogo perfetto per crescere dei figli. Proprio come sta facendo la famiglia Lodge. Sotto una apparente tranquillità si nasconde però una verità oscura ed inquietante e sarà il padre Gardner Lodge (Matt Damon) a farsi strada nel lato oscuro della città fatto di violenza, tradimenti ed inganni, il tutto ambientato in una America (siamo nel 1959) che ancora non ha fatto i conti con razzismo e segregazione. Ci raccontanto Suburbicon il regista George Clooney, l’attore protagonista Matt Damon e l’attrice Julianne Moore in conferenza stampa a Venezia 74.
Prima domanda per il regista George Clooney:
i fatti raccontati nel film, quando si affronta la tematica razziale sono ancora oggi attuali?
G. Cloney, in conferenza stampa a Venezia 74:
Nel corso della campagna elettorale che ha portato Trump alla Casa Bianca, ho sentito molti discorsi che mi hanno fatto pensare di essere tornato indietro nel tempo. A periodi molto bui della recente storia americana, momenti di profonda crisi. L’idea di rendere l’america nuovamente grande nasce negli anni 50, quando si pensava ad un’America bianca, non inclusiva verso tutti i suoi cittadini, anni in cui non si affrontavano i reali problemi del nostro paese.
Una riflessione politica forte, uno sguardo ad un’America che fa un passo indietro verso gli anni 50, un rapporto tra la “normalità” e la follia del personaggio interpretato da Matt Damon, forse solo i due bambini (uno bianco e uno nero) che stringono amicizia tra di loro, rappresentano un segnale di speranza per il futuro?
Sono abbastanza daccordo – risponde George Clooney – abbiamo pensato molto alla sceneggiatura (a partire da una sceneggiatura scritta dai fratelli Coen negli anni 80) ed abbiamo valutato di toccare anche l’argomento della discriminazione razziale nel film. Sono cresciuto negli anni 60 e 70 durante il movimento per i diritti civili. In America abbiamo avuto la schiavitù, la segregazione razziale. Nel film la famiglia afroamericana che si trasferisce accanto ai Lodge viene perseguitata da gran parte della comunità di Suburbicon. Ancora oggi spesso diamo la colpa alle minoranze per i nostri problemi.
Matt Demon sul personaggio da lui interpretato:
sono daccordo con Clooney. Quando stavamo girando le scene della rivolta dei bianchi contro la famiglia di colore pensavo che purtroppo i pregiudizi sono sempre difficili da scacciare.
Riguardo alla mia interpretazione, devo dire come prima cosa che scelgo i miei ruoli non sulla base del personaggio ma sulla base del regista che mi poropone la parte. Ho amato subito questo personaggio che mi ha dato l’occasione di recitare un “cattivo“. Ho l’aspetto di una mericano medio e per questo posso recitare molte parti e rivestire molti ruoli e George sapeva molto bene quello che dovevo esprimere nel film.
Per Clooney:
guardando questo film mi sono sentita di fronte a un film molto “arrabbiato”, è così?
Lei è colombiana ed è suscettibile alla rabbia, nel film cerchiamo di guardare al nostro passato per capire dove eravamo, nel mio paese tutti sono arrabbiati, l’America sta raggiungendo livelli di rabbia altissima. C’è una nube nera sopra di noi, ma io credo nelle istituzioni e nella gioventù e penso che possiamo cambiare questa situazione.
Nel film c’è uno sguardo diverso, quello dei bambini….
Risponde George Clooney:
Si abbiamo sempre avuto l’intenzione di fornire nel film anche lo sguardo di un bambino. Tanto che Suburbicon finisce con i due bimbi che giocano insieme a baseball nonostante abbiano passato una notte terrificante. E questo ci fa capire che c’è una luce in fondo al tunnel, che c’è speranza.
In Suburbicon emerge molto chiaramente l’idiozia e l’ironia tipica dei fratelli Coen, ma anche una grande mostruosità e brutalità.
I personaggi diventano dei veri e proprio mostri strada facendo. Sono le scelte sbagliate che compiono, spesso in situazioni goffe con piani raffazzonati a portarli a diventare dei mostri. In ogni scelta che devono compiere, in ogni bivio importante commettono degli errori, e questo porta la violenza ad esplodere e i personaggi a diventare dei mostri, basta pensare alla parabola che nel film compie il personaggio di Matt Damon.
Ho apprezzato molto l’umorismo nero del film e le “coincidenze” che fanno precipitare gli eventi, situazioni tipiche del cinema dei fratelli Coen, riguardo invece agli aspetti legati alla discriminazione razziale, hai aspettato Trump per far uscire il film?
Gli elementi che raccontiamo in Suburbicon – risponde il regista George Cloney – sono tipici dell’America.
Basta pensare alla cittadina in cui ambientiamo il film un classico quartiere periferico “tranquillo” pensato per il ceto medio. Non è un film sull’America di Trump, è un film che racconta una certa parte dell’America e della sua storia. Per esempio, la petizione che nel film i residenti di Suburbicon leggono contro la permanenza della famiglia afroamericana, dove si afferma che i neri potranno abitare il loro quartiere solo quando si saranno istruiti ed evoluti, non è una nostra invenzione, è una parte di una petizione analoga degli anni 50, in Pennsylvania, non ce la siamo inventata noi, fa parte della nostra storia.