“Non ho alcun dubbio sul fatto che questo sia il mio capolavoro” ha detto la regista giapponese Naomi Kawase in concorso a Cannes 2014 con il suo ultimo “Futatsume no mado” che letteralmente significa “la seconda finestra” anche se il titolo internazionale scelto è “Still the water”.
“È la prima volta che dico questo di un film” ha aggiunto parlando con la stampa Giapponese qualche giorno prima della Kermesse Cannense “Ma dopo la Camera D’Or e il Gran Premio non ho nessun altro obiettivo se non quello della Palma d’oro”.
“Still the water” è ambientato sull’isola di Amami-Oshima, situata tra Okinawa e Kyushu dove Kaito (Nijiro Murakami), un ragazzo di 16 anni, trova il cadavere di un uomo tatuato tra i flutti del mare. Fatto che lo terrà lontano dall’oceano, nonostante Kyoko (Jun Yoshinaga), sua compagna di classe, non riesca a comprendere il suo rifiuto, per il suo amore nei confronti dell’oceano; i due cominceranno a frequentarsi e mentre Kyoko dovrà affrontare la malattia terminale della madre Isa, attraverso una serie di rivelazione che la metteranno in contatto con l’invisibile e con l’eredità sciamanica di Isa stessa, Kaito cercherà di accettare la separazione dei genitori con un agnizione non dissimile. Il film punta, come molti lavori della grande cineasta giapponese, sulla forza visionaria delle immagini naturali, tra sensualità, morte e rinascita.
Dopo i premi per “Suzuka” (1997) e “The Mourning Forest “2007”, Naomi Kawase, rispetto alle dichiarazioni rilasciate alla stampa Giapponese sul desiderio di vincere il premio principale, a Cannes ha utilizzato un tono diverso dicendo che uno degli aspetti più importanti per lei “è la possibilità di aver preso parte ad un festival così importante ancora una volta, per mostrare ad un pubblico internazionale il mio nuovo film”
Ha anche detto che “Still the water” è il film più complesso tra quelli che ha realizzato “sia per la performance degli attori ma anche da un punto di vista tecnico”
Naomi Kawase ha ritrovato le sue radici sull’isola di Amami-Oshima quando si era recata per la prima volta otto anni fa: “La mia bisnonna era una sciamana che viveva li”
Sui temi che legano circolarmente la vita alla morte ha detto che “dal momento in cui nasciamo, siamo destinati a morire. Nel mondo moderno dimentichiamo molto spesso la connessione con la morte. Quando sono andata sull’isola ho visto che i nativi non avevano questa relazione negativa con la morte. Non c’è nessuna ragione per averne paura, questo è quello che gli isolani pensano e che ho cercato di rispettare e restituire nel mio film”. La stessa propensione verso la natura, per Kawase ha una connessione con la sua idea di cinema perchè “il Cinema ha il potere di dar senso alla realtà e di mostrare la capacità dei personaggi di fondersi con il mondo circostante. Ho cercato di comunicare questa realtà che pervade tutta l’isola, mostrando quello che rende la natura bellissima. Gli isolani temono la natura, ma nonostante questo continuano a vivere a contatto con un ambiente pericoloso, aspetto che io trovo commovente; è possibile percepire la presenza degli dei ovunque sull’isola, sono sciamani e sono una personificazione della natura stessa”