Chissà cosa penserebbe Jerry Lewis di Astrid Lorenz, che di mestiere fa la stand up comedian. Il vecchio picchiatello ha infatti espresso in più di un’occasione la sua ritrosia ad accettare l’idea che una donna, ovvero una macchina da figli, si degradi per far ridere gli altri. E dire che le parti in cui Astrid affronta il pubblico sono le migliori di tutto il film, paradossalmente le più trasparenti.
Berrached è al secondo lungometraggio dopo “Zwei Mütter” (‘Due madri’, 2013), pellicola incentrata su una coppia lesbica in cerca di un donatore di sperma. Il tema della maternità resta, stavolta declinato in maniera diversa: Astrid e il compagno Markus vengono a sapere che loro figlio avrà la sindrome di Down, oltre a gravi complicazioni di salute. Da questa notizia prende avvio la sceneggiatura, scritta dall’autrice insieme a Carl Gerber.
24 Wochen è un film pensato per far discutere, in quanto centra in pieno argomenti delicatissimi, tabuizzati ed «etici», compreso l’aborto a gravidanza avanzata. Onore al coraggio del duo Gerber-Berrached, molto meno al modo in cui questi temi vengono presentati, con uno stile morboso camuffato da morbido, che rasenta l’exploitation. Exploitation coi guanti, sia ben chiaro. Exploitation con la calza davanti all’obiettivo. “A l’interieur” (2007) di Bustillo e Maury, al confronto, è una barzelletta da bar.
Si salvano le interpretazioni, tutte di buon livello a cominciare dalla protagonista, e sul fronte dei contenuti l’appello chiarissimo, lanciato anche nell’ultima inquadratura, che lega il pubblico al privato auspicando trasparenza, coerenza e franchezza.
Detto questo, il giudizio migliore su 24 Wochen l’ha espresso proprio il buon vecchio Jerry, senza saperlo, intervistato in Canada dal critico svedese Jan Lumholdt. Lo spezzone si vede nel documentario BBC “The Story of The Day the Clown Cried” (2016) dedicato al famoso film girato e accantonato. «It’s very easy – dice Lewis – to sit in front of an audience and expound on your feelings. Another is thing to have to deal with those feelings, and in terms of that film I was embarassed. […] It was bad, bad, bad».