La vita di Pike scorre veloce durante i titoli di testa, sono immagini forti, crude anche un po’ clippare che raccontano tutti gli effetti collaterali della dipendenza da droghe, vomito, violenza, abuso, perdita di coscienza. Poi il carcere.
Le premesse di 8-pallo, per l’appunto ottavo lungometraggio girato da Aku Louhimies, non si allontanano troppo dai temi più cari al regista Finlandese, almeno a partire da Frozen City, primo dei suoi film a raccontare una Finlandia suburbana, crudele, in bilico tra isolazionismo forzato e un’inarrestabile disgregazione della famiglia nel baratro dell’abuso. Ma rispetto a Naked Harbour, dove il paesaggio inghiottiva con la sua forza indifferente tutte le figure del film, restituendo un’immagine ambigua della solitudine, 8-pallo è un dramma più “cameristico”, con pochissimi esterni e una claustrofobia famigliare molto più marcata.
Pike esce di galera con Alexandra, la figlia di pochi mesi, intenzionata a rifarsi una vita ricominciando da zero; lo stato le affida un nuovo appartamento dove passa quasi tutto il tempo, limitando le sue uscite per le commissioni di stretta necessità. Lo spettro dell’abuso è sempre presente, la sua vicina di casa viene continuamente pestata dal marito e impotente, Pike, ascolta il suono sordo delle percosse attraverso la parete mentre accudisce la figlia.
Aku Louhimies imbastisce un piccolo racconto corale, sviluppando in parallelo la storia di due poliziotti della narcotici, quello più anziano ha seguito la storia di Pike e in qualche modo la protegge perchè la sua vita possa ripartire senza incidenti di percorso, il più giovane è un uomo pieno di dubbi e sfoga la sua rabbia durante le retate, separato dalla moglie non ha alcuna possibilità di recupero con lei, perchè il lavoro è un mostro che lo divora e lo spinge verso un doloroso isolamento dalla realtà degli affetti.
Come in un qualsiasi racconto di ricostruzione, i vecchi compagni di droga aspettano Pike al varco, filmati da Louhimies davanti al supermercato, nelle aree dismesse, nel gelo dei parcheggi, sono come degli homeless disperati e senza nessuna opportunità. Dopo aver riconosciuto la giovane donna, si installeranno in casa sua per acuni festini, e con loro anche Lalli, il vecchio fidanzato di Pike
Uomo carismatico e apparentemente ripulito, Lalli, probabile padre di Alexandra, continua ad esercitare un’influenza negativa sulla donna, che nonostante una strenua resistenza, non potrà far niente per evitare nuovi, traumatici abusi.
Aku Louhimies si affida ad una notevole Jessica Grabowsky, attrice impegnata fino ad ora in produzioni televisive, qui alla sua prima prova per il Cinema; Pike è un personaggio quasi sonnanbulo, ancora divisa tra due mondi, vive uno scollamento con la realtà che si consuma nello spazio angusto di una casa-membrana, vero e proprio rifugio dal mondo esterno dove non riesce a partecipare ne alla vita ne al dolore degli altri, la conquista di un luogo che ancora non corrisponde alla metamorfosi di uno stato interiore; tutti i momenti di confronto con la violenza di Lalli vengono assimilati dallo sguardo assente di Pike come una tempesta dalla quale non è in grado di salvarsi; quando le cose si metteranno male anche per Alexandra, durante una festa estrema organizzata da Lalli, Louhimies mette in scena uno slittamento percettivo improvviso, cogliendo Pike nel passaggio da una resistenza tenace ad una resa improvvisa all’oscurità. Dopo uno stupro filmato con grafica brutalità, Pike si proteggerà dalla violenza, sprofondandoci dentro.
Questa chiusura drammaturgica, desunta in buona parte dal romanzo di Marko Kivi da cui il film è tratto, indebolisce 8-Pallo dentro un guscio che colloca i personaggi in una posizione quasi pre determinata e con alcune caratteristiche fortemente sottolineate che evitano lo scivolamento in un territorio televisivo solo per la brutalità grafica e senza troppe raffinatezze che caratterizzano la superficie di molti film realizzati da Louhimies ; la stessa palla numero 8, pur assumendo un significato ambivalente grazie a un breve frammento visivo, un ricordo simile ai primi minuti del film, diventa un simbolo troppo forte, un grimaldello narrativo per rimettere a posto le cose e dal gelo di Helsinki aprire improvvisamente una prospettiva futura con le onde del mare all’orizzonte.