Home news Belluscone: una storia siciliana di Franco Maresco – Venezia 71, Orizzonti

Belluscone: una storia siciliana di Franco Maresco – Venezia 71, Orizzonti

Franco Maresco, torna con il suo stile corrosivo tra documentario, delirio cinico, distorsione tragica del quotidano e banalizzazione quotidiana del tragico senza il collega Daniele Ciprì, che come sappiamo, ha scelto una strada molto meno solitaria e forse più vicina alla dilagante sorrentinite di massa.  Belluscone va ovviameente contro le regole del documentario bene educato, ben inquadrato, ben collocato, con un caronte d’eccezione come Tatti Sanguineti, teorico, sceneggiatore e anche lui documentarista già con il nostro ai tempi de  “Il Ritorno Di Cagliostro”, uno degli ultimi titoli realizzato insieme a Ciprì e quello forse più accidentato della loro filmografia

Lo spunto è quello di un’indagine sul rapporto tra Silvio Berlusconi e gli affari di Mafia, con una deriva geniale che sembra affrontare lateralmente il problema, esaminando il percorso di alcuni cantanti neomelodici, ma che si dimostra vero e proprio teatrino del tragico quotidiano e sistema nervoso prima di un’intera regione, poi della nazione tutta. Ciccio Mira è il  “talent scout” ed organizzatore delle feste di piazza dove i neomelodici stabiliscono un contatto diretto con la gente, in carcere dal 2013 per concorso in mafia, serve a Maresco per mettere in scena uno spaccato della Sicilia post ’94, anno in cui Silvio Berlusconi decide di scendere in politica con Forza Italia cambiando la percezione politica, televisiva, comunicativa del paese. Il metodo di Maresco è il solito; cinico, irriverente, diseguale, positivamente incompleto e claudicante, vitalità che gli consente di colpire dritto al cuore della nostra coscienza, perchè quello che si racconta non è una distorsione grottesca, ma la storia di un ventennio.

Tatti Sanguineti giunge in Sicilia sulle tracce dell’amico e regista Maresco, personalità discreta e riluttante, ritiratosi in un silenzio ostinato, la voce di Tatti ripercorre il percorso del progetto Cinico TV, e ci accompagna durante il viaggio come un caronte alla scoperta di una bizzarra terra di non-morti.   Tra le questioni spinose che impediscono la realizzazione di Belluscone, nel suo farsi, una serie di eventi da cui è impossibile distinguere realtà da gag, amplificazione del reale, i volti della gente vera da quella improvvisata, Marcello dell’utri da Ficarra e Picone, tale è la commistione di elementi desunti dalla comunicazione di massa che Maresco stressa, dilata, mette in abisso e distrugge impietosamente, basta pensare all’episodio della lite tra i due cantanti neomelodici, Erik e Vittorio Ricciardi, mentre si accusano vicendevolmente di plagio per la canzone “Vorrei conoscere Berlusconi”, refrain che diventa motivo musicale ricorrente per tutto il film e occasione per denunciare lo stesso Maresco per violazione dei diritti d’autore.

“Belluscone- Una Storia Siciliana”, è anche una considerazione sulle difficoltà riscontrare da Maresco nella realizzazione di questo progetto sopra le righe, un film sul film, incompleto e mai finito per definizione. Mockumentary, documentario d’inchiesta, storia politica, storia popolare si mescolano in un rutilante calderone esilarante ed agghiacciante allo stesso tempo. Per un momento manda in corto circuito anche il piccolo mondo critico del festival di Venezia, con le stesse facce che si riconoscono tutti gli anni, inserendo un delirio del critico palermitano Francesco Puma, che ogni anno e con la stessa forza invettiva utilizzata in Belluscone, è possibile ascoltare tra una proiezione e l’altra mentre commenta in modo concitato i film che ha appena visto.

Maresco fa perdere le sue tracce forse perché lui stesso ha perso la speranza che il suo cinema possa modificare il reale, o probabilmente non ci ha mai creduto.  La dice  lunga lo stesso Sanguineti quando accosta i nostalgici del cavaliere alla canzone di Frankie Laine, leitmotiv del film ‘Un treno per Yuma’ che riassume al meglio l’aria plumbea che abbiamo respirato:” C’è un treno solitario, chiamato il 3 e 10per Yuma. Il battere delle ruote è più simile a un lugubre sospiro. C’è una leggenda e c’è una voce: quando prendi il 3 e 10 per Yuma puoi vedere gli spiriti dei fuorilegge cavalcare nel cielo su in alto. Le poiane volteggiano intorno al treno, mentre in basso il bestiame è assetato di pioggia”.

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