venerdì, Novembre 15, 2024

Der Kreis (The Circle) di Stefan Haupt: Florence Queer Festival 2014, la recensione

Dal 1932 al 1967, in Svizzera è uscita una rivista ad abbonamento indirizzata al pubblico omosessuale, o come si diceva allora, omofilo. Il periodico ha avuto diversi nomi, ma dal 1943 si è stabilizzato come «Der Kreis», direttore responsabile «Rolf», alias Karl Meier. Nel 1956 la rivista aveva 2000 abbonati nella confederazione e 700 in tutto il mondo. In Francia, Germania, Scandinavia e Stati Uniti (Los Angeles) nacquero iniziative analoghe, ma per molto tempo Zurigo è rimasta la capitale mondiale dell’omosessualità, in quanto a cadenza regolare «Der Kreis» organizzava feste danzanti con marinaretti e drag queen. La rivista in sé, bilingue (francese e tedesco, in un secondo tempo anche inglese), conteneva articoli e racconti inframmezzati ad acquarelli e fotografie. I disegni, d’ispirazione classica, potevano arrivare al nudo frontale; le foto, artistiche, corteggiavano l’immaginario genettiano e beefcake, al massimo con qualche fetta di culo. A consentire l’esistenza stessa di questo «circolo» e della piccola rete di locali a esso collegati era l’assenza, in Svizzera, di leggi restrittive nei confronti dell’omosessualità, quale il famigerato paragrafo 175 tedesco. «Der Kreis» ha chiuso i battenti nel 1967, dopo dieci anni di persecuzione da parte delle autorità locali, per poi rinascere l’anno seguente come «Club68», con un altro direttore e un ruolo ormai di secondo piano. La polizia aveva da fare con gli studenti in rivolta, e l’alba del porno stava esautorando, ovunque, i vecchi stratagemmi ammiccanti da passarsi sottobanco.

Se Stefan Haupt si fosse limitato a raccontare, con gli strumenti classici del documentario, la storia di «Der Kreis», magari dagli inizi e con fior di riferimenti al nazismo e al secondo conflitto mondiale, avrebbe fatto un’opera tanto meritoria quanto, forse, dimenticabile. Ciò che rende il film una visione obbligatoria è invece la scelta di iniziare la narrazione dal 1956 poiché quell’anno, grazie a «Der Kreis», si sono conosciuti i due testimoni chiave di questa storia, Ernst Ostertag e Röbi Rapp. Che stanno ancora insieme, e nel 2003 sono stati i primi gay elvetici a ufficializzare la propria unione. Non pago, Haupt ha avuto l’idea di mettere in scena – secondo i crismi del cinema di finzione – gli inizi burrascosi della storia d’amore tra Ernst (interpretato da Matthias Hungerbühler) e Röbi (Sven Schelker). Grazie a questi innesti il film vira al romanticismo, al dramma lavorativo e familiare, e senza mai deviare dalla realtà storica (al massimo, un pochino arrotondata) affronta il tema dei tre omicidi «tra pervertiti» che a suo tempo gettarono nel panico la borghesissima Zurigo, innescando la spirale di repressione che avrebbe condotto alla chiusura della rivista. Nel trattare questa parte, Der Kreis riesce persino a tingersi dei colori cupi e delle incertezze identitarie di Cruising (1980), riportando il tutto al microverso dei cessi pubblici e delle sveltine casalinghe nella Zurigo bene. Per la cronaca, una delle vittime fu il compositore Robert Oboussier. E il colpevole accertato dei primi due delitti, accertato e non condannato, era una marchetta italiana (la cui rappresentazione macchiettistica è forse l’unica pecca del film).

Der Kreis assolve alle funzioni sia del buon cinema documentaristico, mettendo in ordine, e in contesto, fatti poco noti, sia a quelle del cinema narrativo. Lo fa con intelligenza, sensibilità… e con un pizzico di furbizia – ben accetta – mediante l’inserimento nel cast della mitica Marianne Sägebrecht (star di tre vecchi film di Percy Adlon) nella parte della madre «frociara» di Röbi. Da non perdere se si è in vena di lacrimoni.

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

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