È un film fatto di silenzi che pesano e scuotono più del rumore quello di Davide Maldi realizzato insieme a Lorenzo Maffucci e Nicola Ruganti. Il frastuono è quello interiore, inesprimibile, ma che trova un suo canale di scarico attraverso la musica da parte di questi due protagonisti, Iaui e Angelica (Angelica Gallorini), ragazzi così diversi tra loro, per ceto sociale, istruzione, sesso, preferenze musicali e ambizioni, ma che si incontrano nel territorio comune della sperimentazione musicale.
Fare delle note espressione della voce interiore, del disagio e del furore giovanile che invece li contraddistingue indistintamente. Questo territorio ideale assume i tratti di un etereo junghiano, una sincronicità che fonde i due spazi, le due realtà da cui emergono i protagonisti: il pianto solitario di Angelica, tra le mura della sua casa borghese dalla volta del soffitto affrescata e strapiena di beni materiali, risuona anche nella silenziosa natura selvaggia che abita Iaui. Una sovrapposizione di piani che restituisce le due anime ad una stessa dimensione eterea. È connessione di sensi e di senso quella che con estrema sensibilità riesce a comunicare Maldi.
Pistoia è la città dalle due facce, la nuova Berlino, divisa in est e ovest da un muro invisibile (Iaui scrive sulla parete dei bagni di scuola “Pistoia ovest come Berlino est”) ed in cui vige un classismo perfettamente rappresentato attraverso la documentazione silenziosa della routine di Iaui nella sua comunità autogestita e persa nei boschi, e la più convenzionale vita piccolo-borghese di Angelica, ragazza dai mille volti, in continua trasformazione, dalla tinta dei capelli sempre diversa e dal look più disparato, forse alla ricerca di una sua identità.
Ma questa necessità di frastuono percorre due differenti tragitti. Diventa house lisergico per Iaui (compone musica sulle immagini de “Il gabinetto del dottor Caligari”), in contrasto all’opprimente silenzio delle sue giornate, e rock alternativo tra il post-punk e i suoni delle riot grrrl per Angelica, come disperato, ma inefficace, tentativo di distaccarsi dal bene di consumo (eloquente a tal proposito è il ricorso ad uno stop motion in cui la ragazza indossa centinaia di abiti diversi). Ed è un atto puramente punk quello che si consuma in una notte ormai alla soglia dell’atteso cambiamento, uno skateboard viene dato alle fiamme e i capelli tagliati riacquistano il loro colore originale. È un atto definitivo, che sancisce il distacco dall’età adolescenziale e l’approssimarsi a quella adulta, sublimato con un simbolico viaggio nella Berlino sempre così nostalgicamente evocata. Il sogno è quello di poter trovare nella metropoli lo spazio ideale dove valorizzare la propria musica. Ma forse quella voce stridula, quella musica chiassosa finirà col perdersi nel caos metropolitano.
Il destino di Iaui si carica invece di un valore più concreto, quando lo vediamo prima muovere il timone di una barca finta persa nel verde delle montagne (immagine surreale di forte impatto) e poi solcare il fiume con una barca vera che ha contribuito egli stesso a costruire, egli stesso a dare vita al sogno.