I ragazzi dell’est vengono dalla Russia, dalla Romania, dalla Cecenia. Il più vecchio ha appena 25 anni e per quanto riguarda il più giovane, non c’è modo di conoscere la sua età. Vagabondano intorno alla Gare du Nord di Parigi, potrebbero essere dediti alla prostituzione, ma non vi è modo di saperlo con certezza. Muller, un uomo distinto tra i cinquanta e i sessanta tiene d’occhio uno di loro, Marek. Un pomeriggio, si fa coraggio e riesce a parlargli; Marek accetta di andare a trovare l’uomo il giorno dopo, a casa sua. Quando il campanello dell’appartamento di Muller suonerà, l’uomo non avrà la minima idea di esser caduto in una trappola.
Dopo il suo primo lungometraggio intitolato Les Revenants e presentato proprio a Venezia Nella sezione Orizzonti nel 2004, Robin Campillo, montatore per Laurent Cantet, torna in laguna, stessa sezione, con Eastern Boys, per il quale è anche sceneggiatore. Il film è prodotto da Hughes Charbonneau e Marie-Ange Luciani per Les Films De Pierre ed è già stato pre-acquistato da Canal+
Les Revenants, il primo film di Campillo, era un lungometraggio molto interessante ambientato in una piccola città della Francia, occupata da un gruppo di morti che tornano alla vita, ai loro luoghi e ai loro lavori, senza alcunchè di minaccioso, ma semplicemente come dei “non morti” senzza soffio vitale. Una normalità ripetitiva che costituisce la forza disturbante del film, dove la relazione con i “ritornanti” diventa dolorosa in modo totalmente differente da qualsiasi altro film sugli Zombies, genre al quale Campillo sembra riferirsi in modo laterale, puntando maggiormente sulla mutazione degli affetti e del sistema nucleare della famiglia. Le premesse di Eastern Boys, maggiormente politiche rispetto a Les Revenants, potrebbero riservare alcune sorprese e alcuni punti di contatto con il film precedente di questo autore assolutamente da tenere d’occhio.