Elio Germano è Giacomo Leopardi nell’ultima fatica di Mario Martone, “Il giovane favoloso”. Un bambino prodigio che cresce sotto lo sguardo implacabile del padre, uomo che disponeva di una biblioteca da far invidia alle grandi corti europee. La mente di Giacomo spazia, ma la casa è una prigione: legge di tutto mentre l’universo è fuori. In Europa il mondo cambia, scoppiano le rivoluzioni e Giacomo cerca disperatamente contatti con l’esterno. A 24 anni lascia finalmente Recanati. L’alta società italiana gli apre le porte, lui non riesce ad adattarsi e vive una vita piena di aspettative e di desideri, ma segnata dalla malinconia.
Il giovane favoloso di Mario Martone – Italia, 137′ – Elio Germano, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Isabella Ragonese
“Un film è un lungo viaggio che parte da una luce, quella dell’idea iniziale. Se alla fine del lavoro rivedo nel film almeno un bagliore di quella luce, mi ritengo soddisfatto” dichiara Mario Martone a Venezia 71.
Come si è approcciato nell’affrontare il rapporto tra i personaggi e i personaggi stessi di Leopardi e Ranieri?
Martone: Quando abbiamo cominciato a scrivere lo script, ci siamo chiesti come porci riguardo alla mole immensa di carte, testimonianze e misteri che compongono la vicenda di Leopardi. Alla fine abbiamo preso la decisione di attenerci solo a quanto riportato nelle carte e documenti ufficiali, non alle leggende e interpretazioni delle vicende di quei personaggi, lasciando deliberatamente aperti i misteri e gli aspetti più intimi dei protagonisti.
Signor Germano, come ha lavorato per immedesimarsi così a fondo nel personaggio?
Devo frequentare e immergermi nei luoghi e negli oggetti dei personaggi. Ho studiato Leopardi, gli spazi dove ha vissuto, fino a quando sono arrivato al punto di stare comodo nei suoi panni. È stato un compito arduo ma mi ha dato molta soddisfazione lavorare con Mario. La poesia a volte è l’unico modo per dire una cosa, recitare quelle di Leopardi per me è stato immedesimarsi nelle vibrazioni che queste emanavano.
Qual è stato l’approccio alla colonna sonora, con le musiche elettroniche di Apparat (Sascha Ring), così diverse dal periodo in cui è ambientata la storia?
Martone: La collaborazione tra di noi è nata dopo un suo concerto che avevo organizzato io stesso al teatro Carignano di Torino. Durante la lavorazione del film, avevo con me alcuni dei suoi dischi, li ho provati sul montaggio e accompagnavano perfettamente le immagini. Allora l’ho chiamato ed abbiamo lavorato insieme alla scelta dei brani.
Apparat: La storia è quella di un uomo più moderno del suo tempo, e questo si rispecchia nella scelta delle musiche, che agiscono per contrasto rispetto al materiale narrato, ed esprimono questa sensazione di anticipo sui tempi a livello sonoro. Il lavoro richiesto per far funzionare questa associazione di musica ed immagini così diverse è stato molto duro, perché è facile in questi casi sbagliare e ottenere risultati deludenti, ma alla fine è riuscito.