È un esilarante gioco al massacro con il retrogusto di una metafisica negativa, quello del danese Mikkel Okholm, laureatosi al “The Animation Workshop” di Viborg proprio con questo corto d’animazione, grazie al quale ha già vinto numerosi festival. Realizzato interamente con tecnica di modellazione 3D, “Interview” si svolge intorno ad un surreale colloquio di lavoro, dove un candidato deve affrontare le domande improbabili di due terribili esaminatori. Lo spazio e i metodi sembrano quelli di un interrogatorio poliziesco e allo stesso tempo ricordano la dimensione astratta del primo Terry Gilliam, quello di “Time Bandits” o di “The Meaning of Life”, dove Dio viene rappresentato come un gentleman in doppiopetto.
In questo modo, Mikkel Okholm costruisce un crescendo ad effetto sulla sospensione dell’incredulità, delineando le tappe del test attitudinale in base alle reazioni del soggetto, sottoposto a continue provocazioni; una doccia fredda dietro l’altra guidate dalla forsennata causalità slapstick molto simile alla crudeltà inesorabile a cui sono costretti alcuni personaggi del mondo animato da Bill Plympton, da cui il lavoro del danese si distingue nettamente per una diversa concezione dell’animazione, ma si avvicina per spirito e messa in scena.
L’epilogo, in linea con la surrealtà delle premesse, si spalanca sul paesaggio di un mondo parallelo, o forse di un pre-mondo, una coazione a ripetere o più semplicemente una macchina celibe, immagine beffarda sulle origini dell’uomo coincidenti a quelle del suo destino, la cui predeterminazione altro non è che la persistenza terribile del potere che ha sostituito il regime libero dell’immaginazione.