domenica, Dicembre 22, 2024

Jackie & Ryan di Ami Canaan Mann – Venezia 71, Orizzonti

L’idea per ‘Jackie & Ryan’ viene ad Ami Canaan Mann in occasione di una sua partecipazione al South by Southwest di Austin. All’interno del grande festival, la cineasta americana assiste all’esibizione di una serie di buskers che le ricordano la musica folk dello stato dove è cresciuta, L’Indiana. Tra di loro, scambia due parole con Nick Hans, suonatore di banjo. Dopo un’iniziale diffidenza, Nick si fa coinvolgere nel progetto della Mann diventando consulente musicale durante la realizzazione del film.

Ambientato nello Utah nel periodo più nero della recente recessione economica americana, “Jackie & Ryan” racconta le qualità etiche e ambientali di uno stato e di come questo influenzi la vita dei suoi cittadini, non diversamente da Texas Killing Fields. Se nel film precedente la Mann utilizzava i traditional rielaborati da “The Americans” insieme alle ballate dolenti di Hope Sandoval per descrivere un Texas decadente e attraversato dalla morte, in “Jackie & Ryan” elabora la stessa etnografia musicale ma con toni completamente diversi e privilegiando proprio la compenetrazione tra songtelling e storytelling.

Ryan Brenner (Ben Barnes) è un busker di passaggio per le strade di Ogden nello Utah. Incontra Jackie Laurel (Katherine Heigl), ex cantante alle prese con la fine del suo matrimonio. Ryan, testimone di un piccolo incidente di macchina subito da Jackie, soccorrerà la donna e la seguirà fino a casa per assicurarsi che stia bene e applicarle alcune medicazioni. Jackie sta per affrontare la parte più difficile della sua separazione, che potrebbe farle perdere la figlia con un conseguente affidamento al padre, mentre Ryan sogna di finire la composizione di un brano allo scopo di inciderlo in uno studio di Portland. I due si avvicinano sentimentalmente e dopo alcuni giorni passati insieme si separeranno per completare il proprio percorso, ma la conclusione della scrittura musicale per Ryan coinciderà anche con un ritorno ad Odgen per continuare a scrivere un’altra storia insieme a Jackie.

“Jackie & Ryan” sta tutto dentro un racconto semplicissimo che la Canaan Mann affronta in modo diretto e filologicamente legato alla terra che descrive; non solo per la scelta di brani della tradizione tutti precedenti agli anni ’30, quindi legati al pre-war folk e agli anni della grande depressione, ma per il modo in cui racconta ancora una volta l’america rurale contemporanea privilegiando gli elementi marginali del racconto come soggetti principali della visione; case, treni, fabbriche, una fiera musicale locale, gli elementi della vita quotidiana, il contrasto tra campagna e città.

La crisi, non viene descritta in modo didascalico ma con attenzione naturale ai dialoghi e alle situazioni: il buco sul tetto di Jackie che rischia di marcire e compromettere le fondamenta della casa, la difficoltà a pagare l’avvocato di famiglia per cercare di mantenere l’affidamento della figlia, la coesione della comunità alla fiera musicale di Ogden e  il riferimento di Jackie ai lavoratori del luogo, il continuo peregrinare di Ryan, tra l’amore delle persone che incontra e la diffidenza di altre, personaggio che potrebbe provenire da un film di Kelly Reichardt.

Tutto nello spazio di una canzone in fondo; perchè la scrittura del brano a cui Ryan sta lavorando tiene insieme tutto il film e allo stesso tempo lo sfrangia in un racconto a più voci sulla forza dei sentimenti con una semplicità che è anche verità e vicinanza ai gesti e ai volti.
“Jackie & Ryan” non ricorre alla marcatura di uno stile “documentaristico”; la fotografia di Duane ‘DC’ Manwiller, specializzato in produzioni televisive e in piccoli documentari rurali sugli stati d’america, trova una via di mezzo tra il cinema indipendente americano e una certa classicità di fondo nella resa calda dei colori digitali, una giusta distanza che consente alla Canaan Mann uno sguardo mai intrusivo ma assolutamente vicino alla verità di un racconto popolare, raccontato con grande capacità emotiva e senza curarsi troppo dei pochi elementi narrativi a disposizione. E quando Ryan conclude l’esecuzione del nuovo brano, questo apre altre possibilità narrative, un po’ come succedeva in Alabama Monroe, ma senza quella forzatura che tendeva alla costruzione di uno spazio musicale finzionale a tutti i costi.

C’è casomai una vicinanza elettiva, e non stilistica, con il cinema del padre, nella capacità di far reagire storia e immagine in modo non così convenzionale come sembra; basta pensare alla scelta musicale di “Nemico Pubblico”, cosi simile al repertorio di “Jackie & Ryan” e al modo in cui questa viene sovrapposta ad un digitale che spinge gli anni ’30 in una dimensione transtorica che ci parla anche d/al presente.

“Hai altre canzoni come queste?”, chiederà il fonico di Portland a Ryan; “certo”, risponderà il busker un attimo prima del nero dei titoli di coda, “Vuoi ascoltarle”?

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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